Le intenzioni!
(estratto dal "Codice delle Leggi")

Bruno E. G. Fuoco

La rilevanza degli stati interiori nelle leggi giuridiche.
La rilevanza degli stati interiori nelle leggi Morali: le intenzioni.
La rilevanza delle intenzioni nelle filosofie spirituali.
La rilevanza delle intenzioni nella cultura emergente.

1. La rilevanza degli stati interiori nelle leggi giuridiche.

Fin dai tempi antichi, salve eccezioni, l’umanità ha ritenuto giusto individuare i presupposti in presenza dei quali l’atteggiamento interiore potesse e dovesse essere sanzionato. In assenza di una indagine condotta in tal senso, una persona avrebbe potuto rischiare di essere punita anche per atti commessi da terzi o riconducibili alla forza maggiore o al caso fortuito (1).

In tutti i casi, per ipotizzare una responsabilità giuridica risultava, comunque, indispensabile il compimento di un atto esteriore.

Nel diritto si usa l’espressione “elemento soggettivo” o “psicologico”, per indicare lo stato psicologico in cui versa una persona fisica ritenuta autrice di un atto vietato. L’indagine sull’elemento psicologico ci dice concretamente se la persona ha partecipato interiormente al compimento dell’atto vietato. Questa partecipazione può essere declinata, secondo le categorie tradizionali, in dolo o colpa(2).

In termini molto sintetici, ma sufficienti ai nostri fini, possiamo affermare che se un dato atto non è stato voluto dalla persona (dolo) o se non è stato la conseguenza della violazione di regole comportamentali (colpa), non può sussistere una responsabilità giuridica. Questo vale in modo rigoroso in materia penale ove si afferma che nulla poena sine culpa (cfr. art. 27 della Costituzione).

Alcuni giuristi(3) con l’ausilio della scienza psicologica hanno indagato in profondità le vicende interiori, e hanno affermato che nel caso del dolo, l’inconscio coinvolge la coscienza e l’Io della persona collabora per fini antisociali. In questo caso, vi è una decisione interiore, l’Io ha fatto una scelta. La partecipazione interiore è in questi casi massima e la pena è, conseguentemente, quella più grave.

Nel caso della colpa, la responsabilità è minore, in quanto minore è stato il coinvolgimento interiore; l’inconscio ha eluso l’Io ed è stata violata una regola comportamentale.L’Io, in questo caso, non ha vigilato e si è lasciato spodestare dalle forze dell’inconscio (4).

La persona in entrambe le ipotesi di dolo o colpa, deve avere, comunque, la capacità di intendere e di volere.
Nessuno, afferma il codice penale, può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile ovvero, non aveva la capacità di intendere e di volere.
Evidentemente, gli stati emotivi e passionali, ancorché incidano sulla lucidità mentale del soggetto agente, non inficiano l’imputabilità, a meno che vi sia un vero e proprio stato patologico. Le alterazioni transeunti della sfera psico-intellettiva che costituiscano il naturale portato degli stati emotivi e passionali, afferma la giurisprudenza, non escludono, né diminuiscono l’imputabilità (così l’art. 90 c.p.).
Aggiungiamo, infine, che l’indagine sull’elemento psicologico diventa fondamentale non solo per decidere, a seconda dei casi, la sussistenza di una responsabilità (civile, amministrativa o penale), ma anche per graduare il quantum della sanzione da comminare.

Ma, in tutti i casi contemplati, la sola intenzione, l’animus non accompagnato da condotte esteriori, per le leggi giuridiche, evidentemente, non rileva.

2. La rilevanza degli stati interiori nelle leggi Morali: le intenzioni.

Occorre ora chiedersi, dapprima, se la sintetica declinazione degli stati soggettivi rilevanti per le leggi giuridiche abbia analogo riscontro nelle Leggi Morali.

Nelle leggi giuridiche, come abbiamo prima osservato, l’intenzione rileva solo se accompagnata da una condotta esteriore: si pensi all’animus donandi («intenzione di donare»), all’animus possidendi («intenzione di possedere»), all’animus iniuriandi («intenzione di recare offesa»), etc.

Ai fini delle Leggi Morali, invece, costituisce evento rilevante non solo la condotta, ma anche il pensiero e il sentimento.
In particolare, l’intenzione di compiere un atto riveste un ruolo importante. L’intenzione, in questo ambito, può essere identificata con la finalità prefissata in sede di compimento di un dato atto, ovvero con la motivazione (5).

Ma perchè le leggi morali, le filosofie spirituali (cfr. paragrafo 3) e la cultura emergente (cfr. paragrafo 4) riconoscono un ruolo così significativo alle intenzioni? La responsabilità morale dell’intenzione ha basi oggettive? A questi interrogativi cercheremo di rispondere nel prosieguo della nostra riflessione.

L’intenzione pur concernendo una finalità attesa opera, in verità, già nel presente in quanto si esprime mediante una energia, una forza che ci spinge adesso a programmare una sequenza di gesti o di atti che forse compiremo nel futuro.

L’intenzione opera, dunque, nel presente, ma anche nel futuro, in quanto essa imprime la direzione alle cose che pensiamo, sentiamo e facciamo. La direzione impressa mette in movimento energie le cui qualità, armoniose o disarmoniose, si palesano ex ante. Cioè, le qualità dell'intenzione ci dicono anche quale sarà la destinazione finale delle energie impiegate. La direzione impressa tramite l’intenzione contiene in nuce quelle qualità.

L’intenzione vera che noi nutriamo non sempre, però, traspare dal comportamento esteriore.

I casi più sintomatici di scissione tra intenzione nutrita e azione materiale compiuta possono essere così descritti:
1) quando si compie un’azione recante un “dare” per fini egoistici (es. per apparire);
2) quando si produce un risultato negativo a seguito di un azione, comunque, corretta nelle intenzioni. Ciò accade in quanto non sempre è possibile governare la catena dei fatti causali, per cui possono, talora, verificarsi conseguenze spiacevoli non riconducibili ex se all’azione inizialmente compiuta.

Nel caso sub 1), il soggetto agente ha immesso nella Vita un’energia egocentrica, un seme egocentrico. Questo è il dato che la Natura e la Legge Morale vedono, anche se l’azione materiale contiene un dare.

Nel caso sub 2), il soggetto agente ha immesso nella Vita un’energia altruistica, un seme altruistico e per circostanze non dipendenti dalle sue intenzioni, si è verificato un evento sfavorevole. Il dato che la legge Morale vede è l’energia altruistica e questo seme farà germinare.

Ecco perché si afferma, tradizionalmente che, anche in presenza di una azione esteriore, il movente perseguito resta fondamentale. Un gesto, a seconda dei casi, può recare finalità egocentriche o altruistiche e cioè energie armoniose o disarmoniose: “di per sé, un gesto, un atto, non è né puro né impuro: ciò che è puro o impuro è l’intenzione, è il sentimento, è il desiderio che spinge gli esseri a compiere quel gesto o quell’atto”(6).

Ma quanto detto non vuole significare, evidentemente, che l’intenzione possa, in teoria, giustificare tutte le possibili condotte umane, o che la corretta intenzione possa comportare disinteresse per gli effetti delle proprie azioni, come taluni studiosi hanno pure ritenuto (7). Vi sono atti che non possono, a priori, discendere da moventi altruistici e che non possono essere giustificati, evidentemente, da ipotetiche intenzioni positive. Abbiamo difficoltà a concepire come un uomo che abbia l’intenzione di compiere un’azione altruistica, possa disinteressarsi delle conseguenze concrete del proprio operato. Chi agisce per il bene della collettività, non può prescindere dal valutare gli effetti delle azioni che intende compiere.

La corretta intenzione non è un generico stato di buona fede soggettiva. La corretta intenzione implica un certo grado di consapevolezza. L’intenzione corretta implica un quid di conoscenza e di vigilanza al fine di assistere all’eventuale decorso dell’azione intrapresa.

Emblematico è questo passaggio tratto dal Dhammapada:“svegliati, osservati, agisci con purezza e con attenzione conformemente alla legge eterna e la tua gloria crescerà … L’inconsapevole agisce distrattamente”.

La responsabilità morale dell’intenzione va collocata, allora, per comprenderne il reale significato, nel contesto concettuale proprio della maggioranza degli Insegnamenti filosofici in questione, secondo i quali (cfr. infra, paragrafi 3 - 4):
1) l’essere umano è libero di sviluppare il mondo interiore secondo le proprie idee, ma è obbligato ad accettare le conseguenze delle proprie scelte. Non potrebbe configurarsi una responsabilità in assenza della libertà di scegliere i fini da perseguire;
2) le intenzioni, come i pensieri e i desideri, sono energie reali agenti su di noi, cioè sulla nostra psiche, tendenti a materializzarsi, a concretizzarsi, nel tempo, anche sul piano fisico;
3) le intenzioni, come i pensieri e i desideri, sono all’origine del processo causale di realizzazione nella materia;
4) le intenzioni, come i pensieri e i desideri (cosiddette “energie sottili”) non vivono solo attorno all’uomo che le ha alimentate. Il mondo interiore non è solo un fatto privato. Queste energie toccano concretamente le realtà psichiche proprie e altrui;
5) le intenzioni, imprimendo la direzione qualitativa alle energie esplicitate, condizionano la catena causale degli atti.

Quanto detto fa comprendere le ragioni sulla base delle quali si afferma che la responsabilità morale nasce già a seguito dell’intenzione alimentata: il desiderio e il pensiero abitano regioni vere quanto quelle della terra e producono effetti reali quanto gli atti compiuti sulla terra (le ragioni profonde di questa impostazione saranno, ulteriormente, illustrate nel successivo paragrafo 4).

L’intenzione è l’alfa del processo causale delle energie impiegate e per questo occorre essere consapevoli delle proprie intenzioni in quanto esse governano realmente il processo di realizzazione, perché in esse vi è il germe che si svilupperà secondo la legge causa – effetto (cfr. cap. IV, paragrafo 2).

Essere responsabile («res - pondere») vuole dire valutare le possibili conseguenze delle proprie azioni prima di intervenire a modificare un certo stato di cose: l’intenzione avvia, appunto, la modificazione dello stato delle cose, poiché reca un seme che germoglierà.

La vera intenzione di fare del bene genera un contatto reale con il bene. L'Intenzione "è l’unica e più importante cosa in ogni azione che una persona compia. Questo è così perché nel mondo spirituale un pensiero corrisponde ad un’azione" (M. Laitman).

Per coloro che sono abituati a ritenere i propri pensieri e sentimenti “irreali”, queste affermazioni possono apparire esagerate. Per coloro che sono abituati a vigilare sul proprio mondo interiore e a sentire le energie dei propri pensieri e sentimenti, quanto detto appare lineare e pacifico. Infatti, come sarà evidente dalla lettura dei paragrafi successivi, in quasi tutti i movimenti spirituali l'intenzione ha un peso determinante. D’altronde per verificarne la fondatezza è sufficiente iniziare ad osservarsi, dedicando un po’ di tempo a se stessi, per appurare se i nostri atti interiori incrementano il tasso di “bene” o di “disarmonia” in noi e in chi ci circonda.

Nell'approccio olistico e spirituale, la cultura non è avulsa dall'anima, la cultura ha un senso se viene sperimentata, verificata per diventare, poi, eventualmente, parte integrante del proprio stile di vita.

3. La rilevanza delle intenzioni nelle filosofie spirituali.

Appare opportuno, a questo punto, dare contezza della rilevanza delle intenzioni nei vari orientamenti filosofici. La centralità delle intenzioni non costituisce, infatti, un quid novi nella storia del Pensiero.

Tra le prescrizioni più famose possiamo ricordare quelle riportate nei Vangeli ove Gesù invita a non commettere determinati atti ancorché di natura solamente interiore, cioè privi di forma esteriore. Quella più notoria reca: “Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”. Alla luce di quanto detto in precedenza appare evidente la portata “realistica” del precetto.

Chiari riferimenti in materia sono già presenti nell’etica stoica, se pensiamo a quanto scriveva Seneca:
- “uno può diventare malfattore, senza aver inflitto del male. Se uno sta con sua moglie, pensandosi con la moglie altrui, sarà adultero, anche se la donna non è adultera. Uno mi dà il veleno, ma quello, mescolato con il cibo, perde tutta la sua forza: egli, dando il veleno, si è reso colpevole di delitto, anche se non ha nuociuto. Non è meno assassino quel tale la cui arma è stata neutralizzata dalla resistenza del mio vestito. Tutti i delitti, anche prima dell’esecuzione materiale, sono già completi negli elementi costitutivi di colpa»8);
-“non importa ciò che si fa o si dà, ma con quale intenzione: importa l’animo di chi lo fa o lo dà”; è la disposizione d’animo, infatti, che rende grandi le piccole cose e nobilita le meschine, così come rende misere le cose considerate importanti e pregiate ... Ciò che conta è dove orienta le cose che noi desideriamo, ma che di per sé hanno una natura indifferente, colui che le governa e che dà loro forma”(9).

Si è detto, a proposito dell’approccio etico cui aderisce Seneca, che «determinante sul piano morale, qui come in ogni altra cosa, non è l’azione materiale, ma lo spirito con cui viene compiuta … Nel De beneficiis, ispirandosi a un’opera di Ecatone, Seneca trapiantò in terreno romano questa concezione schiettamente greca … Chi non ha l’intenzione o la coscienza di recare danno non merita pena; invece chi, volendo avvelenare un altro, adopera per sbaglio un mezzo innocuo è, cionondimeno, un avvelenatore. Tutti i delitti sono già compiuti, prima dell’esecuzione materiale, nello spirito di chi li concepisce»(10).

Anche Sant’Agostino afferma che il peccato non è solo un'azione, una parola ma anche un desiderio contrario alla legge eterna. La legge eterna è la ragione divina o volontà di Dio che ordina di mantenere l'ordine naturale e proibisce di turbarlo (11).

Dio, secondo Abelardo, “tiene conto non delle cose che si fanno ma dell'animo con cui si fanno; il merito e la lode non consistono nell'azione ma nell'intenzione”(Ethica, Quid sit animi uicium et quid proprie dicatur peccatum).

Negli Esercizi Spirituali di Sant'Ignazio di Loyola si legge: “Non si devono dire parole inutili: si intende, cioè, quelle che non giovano né a sé né ad altri, e neppure sono indirizzate a tale scopo. Non è inutile, invece, parlare di tutto quello che giova, o ha intenzione di giovare, all'anima propria o degli altri, o al corpo o a qualche bene terreno; e neppure parlare di cose in sé estranee al proprio stato, come quando un religioso parla di guerre o di commerci. Ma in tutti questi casi c'è merito se si parla con retta intenzione, e c'è peccato se si parla con cattiva intenzione o inutilmente”.

Nel Vangelo di Matteo si legge: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli”. Questo passaggio comprova che la legge morale non produce ricompensa se non vi è lo stato interiore (l’intenzione) corrispondente all’atto materiale compiuto.

Anche nel Buddismo ritroviamo precisi riferimenti sulla rilevanza delle intenzioni:
- “Il Bodhicharyavatara di Shantideva sottolinea che la radice della pratica di dharma sta nell'intenzione: il suo spirito è l'intenzione positiva. Vorrei mettere in rilievo che non necessariamente importa ciò che si sta facendo quanto come lo si sta facendo e con quale tipo di motivazione. Questo è il punto. E la consapevolezza è la chiave per mantenere in vita le intenzioni positive. “Etica per un nuovo millennio”, un saggio di Sua Santità il Dalai Lama, contiene un capitolo intitolato “Nessuna magia, nessun mistero”…il saggio presenta un'analisi dettagliata della motivazione o intenzione. Ritengo che questo sia un elemento molto importante nella pratica buddhista: uno stato della mente e del cuore che non riguarda solo l'inizio ma che perdura anche nel mentre. La motivazione iniziale determina ciò che segue sia che esso divenga positivo, negativo o neutro. Determina la creazione di karma sia positivo che negativo” (Geshe Gedun Tharchin, Bello e importante accumulare buon karma );
- “di tutti gli insegnamenti Buddhisti, forse, nessuno è più importante quanto quello sulla motivazione pura. Se io dovessi lasciare un’eredità, essa sarebbe la saggezza della motivazione pura. Se dovessi essere ricordato con un appellativo, mi piacerebbe essere ricordato come “Lama della Motivazione”. Tale motivazione inizia con la compassione per le difficili situazioni in cui versano gli esseri senzienti, e raggiunge il culmine nella manifestazione illuminata del beneficio spontaneo e ininterrotto verso questi esseri” (Chagdud Tulku Rinpoche, L’eredità della Motivazione Pura, in “Sacred voices of the Nyingma Masters”, Padma Publishing);
- l'intenzione è il nucleo di tutta la vita cosciente. Sono le intenzioni che generano il karma, sono le intenzioni che aiutano gli altri, sono sempre le intenzioni che ci distolgono dall'illusione dell'individualità e ci orientano verso le immutabili verità della coscienza risvegliata. L'intenzione cosciente colora e muove ogni cosa (affermazione attribuita al monaco Hsing Yun);
- “la motivazione è una sorta di alchimia che tramuta le azioni in qualcosa di positivo o di negativo. Ogni cosa che facciamo … può essere tramutata in un'azione (pura, religiosa o spirituale) di dharma. Il fattore importante è la motivazione. Magari siamo intenti a qualche azione che non riteniamo sia dharma, ad esempio cucinare, eppure il cucinare può essere trasformato in dharma. Come? Tramite la motivazione. Il tipo giusto di motivazione è in grado di trasformare in dharma qualsiasi azione. Per sviluppare e mantenere una simile motivazione abbiamo bisogno della presenza mentale o della consapevolezza … Il vero spirito del dharma non è semplicemente la presenza mentale o la consapevolezza, bensì è la motivazione positiva, quel tenersi sulla via, mantenersi nel risveglio”. Si può praticare il dharma con tre diversi livelli di motivazione: con lo scopo di ottenere buone condizioni nelle vite future, con lo scopo di realizzare il nirvana oppure con lo scopo di dedicare la propria vita alle cause della Buddhità, alla piena illuminazione, allo stato del risveglio. A causa di queste tre motivazioni ogni azione può diventare una pratica di dharma” (Geshe Gedun Tharchin, op. cit.).

L’idea seconda la quale la motivazione è una sorta di alchimia che può tramutare le azioni in qualcosa di positivo (dharma) o di negativo, non è propria del solo buddismo. Ad esempio Sant’ Alfonso Maria de' Liguori scrisse: “quando fate il bene abbiate intenzione di dar gusto a Dio e poi di dar anche buon esempio al prossimo ... anche le azioni corporali, come il mangiare, il lavorare, il dormire, il ricrearsi onestamente facciamolo per dare gusto a Dio ... la purità d'intenzione si chiama alchimia celeste per la quale il ferro diventa oro" (Opere ascetiche, Volume 1). Questa impostazione è ben presente con rinnovato linguaggio e con ricchezza di argomentazioni metodologiche, come constateremo in seguito, anche nell’opera di O. M. Aïvanhov.

Anche nella letteratura vedica l’intenzione ha un ruolo importante: “La persona consiste delle proprie intenzioni. Secondo le intenzioni che ha in questo mondo, così diviene alla propria dipartita. Formi perciò un'intenzione corretta “(Chandogya Upanishad). Ad esempio, Swami Sivananda Saraswati affermava:“Tu diventerai quello che pensi"in quanto il pensiero domina la materia”.

La rilevanza dell’intenzione appare evidente anche nella religione musulmana:
- in verità vi sono state vietate le bestie morte, il sangue, la carne di porco e quello su cui sia stato invocato altro nome che quello di Allah. E chi vi sarà costretto, senza desiderio o intenzione, non farà peccato. Allah è perdonatore, misericordioso (Corano, versetto 173);
- ho sentito il Messaggero di Allah:"In verità, le azioni valgono secondo le intenzioni, e per ogni persona la ricompensa sarà in base a ciò che intendeva. Quindi, chi compie l' Hijrah per Allah e il Suo Messaggero, la sua Hijrah sarà da Allah e il Suo Messaggero. Invece colui che compie l' Hijrah per guadagnare beni di questo mondo o per sposare una donna, allora la sua Hijrah sarà per ciò per cui egli ha fatto l' Hijrah" (Ibn Rajab al-Hanbali, Jami al-Ulum wal Hikm).

Nell’ambito della filosofia spirituale occidentale, ad esempio, R. Steiner focalizza la responsabilità del perfezionamento spirituale nella sincera intenzione. Egli afferma in riferimento al percorso di perfezionamento spirituale che occorre rispettare talune condizioni, ma “va sottolineato che di nessuna di queste condizioni si richiede il completo adempimento; si richiede unicamente lo sforzo verso un tale adempimento. Nessuno può adempiere completamente a queste condizioni, ma ognuno può incamminarsi sulla via del loro adempimento. Ciò che importa è la volontà, l’intenzione di avviarsi su quella strada" (12).

Anche questo concetto appena esposto faceva parte dell’etica stoica: “tu dici: «Che cos’altro potevo fare? Finora ce l’ho messa tutta». Il punto principale è proprio questo. È l’intenzione che conta: la bontà, in gran parte, consiste nel voler essere buoni” (Seneca, Epistole a Luciano, 34 - 3).

Anche nello yoga sutra si afferma, in riferimento al perfezionamento spirituale, che “Il successo è più vicino a quanti hanno una motivazione intensa e sincera” (Patanjali, Samâdhi Pada, sutra 1.21 ).

Per la filosofia kabbalistica, l’intenzione è fondamentale: pensiamo all’intenzione mistica (kawwanah) che deve permeare le preghiere e le azioni degli uomini per entrare in contatto con il Divino e per la redenzione del Mondo (13) o alla correzione di tutte le intenzioni nei desideri (14) per rendere possibile all’uomo la sua evoluzione spirituale: la “creazione ha un’intenzione ed è diretta a portarci (le nostre anime) alla fine, all’adesione (la somiglianza) con Lui, affinché risieda nel nostro interiore (all’interno dei desideri corretti e l’equivalenza completa con l’attributo della dazione e dell’amore che si chiama il Creatore)” (15).

Secondo Peter Deunov, “nel suo processo di sviluppo, è inevitabile che l’essere umano commetta molti errori. Ma i motivi interiori di questi errori hanno una grande importanza; se egli è disinteressato, le sue colpe sono scusate, ma se egli è egoista, no” (16).

Peraltro, anche secondo O.M.Aïvanhov l’essere umano è giudicato non solo per gli atti, ma anche per le intenzioni (La Bilancia cosmica, la scienza dell’equilibrio, pag. 192).

4. La rilevanza delle intenzioni nella cultura emergente.

Alcuni autori contemporanei riconoscendo che l’Universo è intenzionale, permeato cioè da una energia realizzatrice di progetti evolutivi, hanno focalizzato l’attenzione sull’intenzione quale potere dell’uomo di realizzare i propri propositi a condizione che tale potere venga posto in connessione con le energie evolutive dell’Universo:

- "Ogni cosa che accade nell’Universo nasce da un’intenzione. Secondo gli antichi testi Vedici, le Upanishad: “Tu stesso sei il desiderio più forte e profondo che conduce. Ai tuoi desideri seguono le tue intenzioni. Alle tue intenzioni la tua volontà. Alla tua volontà, le tue azioni. Alle tue azioni, il tuo destino”. In definitiva il nostro destino deriva dal livello più profondo dei nostri desideri e delle nostre intenzioni, strettamente correlati tra loro ...;

- Quando un’intenzione si ripete, essa crea una sorta di rituale, la regolarità di una routine. Più profonda è la sua dimora nel nostro cuore, più probabilità ci sono che la coscienza dell’Universo si attivi per ricreare e manifestare questa nostra intenzione nel mondo fisico. Per questo, se ti senti “bloccato” nella tua vita o se credi che quello che davvero desideri sia impossibile – pensa in grande! Vai oltre lo stato mentale che in genere ti limita e ti imprigiona. Vai con il pensiero oltre i problemi attuali, le difficoltà e le sfide. Abbi cura delle tue intenzioni, non le abbandonare … nutri con continuità le tue intenzioni più pure e sentite … Come fare? Per ognuna delle tue intenzioni, chiediti: Come può essermi utile e come può essere utile alle persone con cui io sono in contatto? Se la risposta è vera gioia e soddisfazione, allora la tua intenzione, cooperando insieme alla nostra mente "non locale", agisce da sola, orchestrando in modo armonico e sublime la sua stessa realizzazione. Ogni nostra intenzione racchiude in sé uno straordinario potere, una capacità organizzativa divina che dobbiamo lasciar agire indisturbata, senza tentare di forzarla o di manipolarla. L'unica cosa che dobbiamo fare é avere fiducia nel risultato. Questo è l'atteggiamento che ci permette di vedere la sincronicità nel mondo che ci circonda. Dobbiamo arrivare a percepire con chiarezza che è la nostra anima - e non il nostro ego - ad essere il fulcro interiore con cui entrare in contatto. È in questo momento, quando cioè entriamo in contatto con la parte più profonda di noi stessi, che siamo in sintonia con il nostro destino" (17);

- “l’intenzione è uno scopo preciso o un obiettivo chiaro accompagnato dalla determinazione a raggiungere un risultato desiderato … per far emergere un’idea nella nostra realtà, occorre allineare il mondo interiore con il potere dell’intenzione che è un potere spirituale creatore operante nell’universo. Questa energia è dappertutto. Per entrare in connessione con essa occorre nutrire una filosofia altruistica, tramite l’ego non possiamo entrare in contatto con l’intenzione. Occorre eliminare le nostre convinzioni di fondo impeditive e cioè: sono ciò che possiedo; sono ciò che faccio; sono ciò che altri pensano di me; sono separato da tutti; sono separato da tutto ciò che mi manca nella vita; sono separato da Dio” (18).

Dal secolo scorso, il campo delle intenzioni interessa anche la scienza. Come rilevato nel capitolo I, se la mente dell'osservatore, con la sola intenzione di osservare, incide sulla realtà dei fenomeni osservati, ciò vuol dire che il nostro pensiero, le nostre intenzioni hanno una influenza sulla materia (19). L’influenza esercitata dall’osservatore sulla realtà osservata è già una prova efficace dell’azione spiegata dalle intenzioni.

A mano a mano che “gli scienziati continuano a esplorare cosa significhi esattamente essere dei partecipatori, si accumulano ulteriori prove che conducono a una conclusione inevitabile: viviamo in una realtà interattiva, dove modifichiamo il mondo che ci circonda cambiando ciò che accade all’interno di noi mentre lo osserviamo – cioè i nostri pensieri, sentimenti e credenze”(20).

Il ruolo dell’intenzione cosciente comincia a farsi spazio, dunque, anche nelle teorie scientifiche. Secondo E. Laszlo “in un universo interconnesso a livello sottile, dove le persone possono accedere a qualche aspetto della coscienza degli altri ... è probabile che una persona intuisca intenzioni che inducono coerenza in un’altra come presenza di bene, intenzioni che inducono incoerenza in un’altra come presenza di male. Questo conferisce responsabilità morale non soltanto alle nostre azioni, ma anche alle nostre intenzioni. Possiamo produrre il bene nel nostro ambiente anche sintonizzando le nostre intenzioni verso la coerenza e il male tramite le nostre intenzioni di frammentazione, separazione, incompatibilità e caos” (Risacralizzare il cosmo cit., pag. 75). Il termine coerenza, in questa teoria scientifica è sinonimo di condotta in linea con l’evoluzione cioè di condotta costruttiva improntata all’equità, di condotta solidale ...

Secondo lo scienziato R. Sheldrake, l’uomo, come il sole, la terra ed altri corpi, ha un suo campo esterno tramite il quale le sue intenzioni e la sua mente si estendono oltre il cervello e comunica con l’ambiente esterno: ”ci sono molte prove da esperimenti ben controllati che le persone possono influenzare eventi fisici ... e il tutto avviene a distanza attraverso l’intenzione” (21).

Questo scienziato ha teorizzato i campi morfici o morfogenetici i quali “si estendono oltre il cervello, fin nell’ambiente circostante, legandoci agli oggetti che cadono sotto la nostra percezione e rendendoci capaci di agire su di essi attraverso le intenzioni e l’attenzione”; questi campi mentali, come i campi magnetici, elettromagnetici e gravitazionali, sono invisibili, eppure, influenzano la realtà esterna a distanza(22). Peraltro, secondo Paracelso, ricorda L. Dossey: ”la forza vitale non è racchiusa nell’uomo ma si irradia attorno a lui come una sfera luminosa e può agire a distanza, in questo alone semimateriale l’immaginazione di un uomo può produrre effetti positivi e dannosi“ (23).

Un’evidenza sperimentale dell’impatto dell’intenzione conscia è stata fornita dall’esperimento condotto con esito positivo dal neurofisiologo Grinberg-Zylberbaum: “due soggetti si sono correlati tra loro meditando insieme, con l’intento di stabilire una comunicazione diretta”(24).

Osserva il fisico V. Marchi: “abitualmente pensiamo che ciò che ci circonda sia già qualcosa e che questo qualcosa esista senza la nostra intenzione. Di fatto invece dobbiamo cambiare questo nostro modo di pensare, perché persino un elettrone, come ha ammesso lo stesso premio Nobel Carlo Rubbia, ha una tendenza mentale. Dobbiamo quindi riconoscere che persino il mondo materiale che ci circonda, essendo costituito da particelle che vanno a comporre, per esempio, la struttura di una sedia, di un tavolo, di un muro, di un tappeto, di una stanza o di qualsiasi altra cosa che sia solida, non è nient’altro che uno dei possibili atti di coscienza … Tutto è coscienza, e da essa il Tutto emerge come da una grande Matrix - diceva Max Planck, padre della fisica quantistica, fin dal lontano 1944. E noi altro non facciamo che scegliere di volta in volta quale di questi atti del campo universale intelligente portare alla realtà. Il fatto è che un oceano di onde di varia ampiezza e frequenza è alla base del nostro esistere. La stessa poltrona su cui sediamo è, infatti, costituita solo di onde, nient’altro che di onde di energia, formate da microparticelle quali, elettroni, bosoni, gluoni, fermioni, barioni, adroni, fotoni, quark, e altro, tutti elementi che si muovono ad una velocità vertiginosa, in una condizione dunque che permette a questo comodo sedile di mantenere la propria forma” (25).

Ora, se io cambio (o tento di cambiare) le mie intenzioni, afferma il prof. Laitman, si modificheranno gli eventi nella mia vita, l'intenzione cambia il destino: "desiderare il cambiamento dell’intenzione la cambia, ma un’azione evidente, ha ancora più effetto".

Osserva su questo tema D.Chopra: "Tutti i bambini che conoscono la storia di Aladino sognano di poter trovare come lui una lampada magica che, se strofinata, liberi un genio pronto a esaudire ogni loro desiderio. Noi adulti, invece, sappiamo benissimo che non esistono lampade magiche e geni disponibili, e ci teniamo dentro tutti i nostri sogni. Ma se fosse davvero possibile realizzare i desideri, quale sarebbe il primo? Quale potrebbe soddisfare le vostre esigenze più profonde? Quale consentirebbe alla vostra anima di compiere il suo destino? L'intenzione crea le coincidenze, è la ragione per cui succede esattamente ciò che pensiamo, il motivo che provoca la guarigione di alcune persone o la remissione della loro malattia, e orchestra tutta la creatività dell'universo. Noi esseri umani siamo in grado di migliorare la nostra vita grazie all'intenzione, ma perdiamo tale capacità ogni volta che il nostro sè viene oscurato dalla sua stessa immagine, in pratica quando sacrifichiamo il nostro vero sè in favore dell'ego. L'intenzione organizza in maniera sincronistica una serie di attività notevolmente variabili, a prima vista caotiche e non legate fra loro, dando vita a un sistema dinamico ben ordinato e capace di congegnarsi da solo. Tale sistema si manifesta contemporaneamente sia come il mondo osservato sia come il sistema nervoso attraverso il quale lo si osserva. L'intenzione, è responsabile anche di tutti i processi legati ad apprendimento, memoria e ragionamento, oltre che delle attività motorie. In altre parole, l'intenzione è alla base della creazione" (Le coincidenze cit.).

Secondo Bruce Lipton e Steve Bhaerman "l’intenzione costituisce una grande dichiarazione di proposito e direzione. Nel caso della nostra evoluzione personale, una intenzione adeguata sarebbe quella d’intessere i nostri talenti, amori e missioni per sostenere il nuovo organismo di farfalla emergente. Gli insegnanti spirituali antichi e moderni riconoscono collettivamente che il fatto di stabilire una intenzione attira a noi nuove esperienze come una calamita. Se la necessità è madre dell’inventiva, è assai verosimile che l’intenzione ne sia il padre. Stabilire delle intenzioni può mettere in moto le cose sul piano del subconscio, ma per un autentico cambiamento, le intenzioni devono anche riflettersi nelle nostre scelte consapevoli quotidiane. Accettando le implicazioni contenute in Evoluzione spontanea, ossia che siamo tutti anime cellulari in un super-organismo chiamato umanità, dobbiamo chiederci: «Quali scelte quotidiane posso personalmente fare per rinforzare questa visione emergente del mondo?». Per alcuni la risposta può significare cambiare carriera; per altri coltivare un giardino o compiere un’azione gentile ogni giorno. Ogni scelta individuale sarà unica e rappresenterà la forma più elevata di espressione personale in questi tempi di trasformazione"(Evoluzione Spontanea, 2011)

In conclusione, l’intenzione, possiamo affermare sulla scorta delle precedenti riflessioni, esprime il collegamento reale che noi effettuiamo in un dato momento tra il nostro mondo interiore (e gli eventuali gesti attuativi) con le energie dell’Universo. Questo collegamento può essere coerente (vedi, sopra, la teoria di Laszlo sulla coerenza) con i progetti evolutivi della Vita ed allora sprigiona energia benefica in noi e nell’ambiente psichico circostante: quando ciò avviene, avvertiamo benessere, ci sentiamo appagati.
Questo collegamento può non essere coerente perché è egocentrico, disarmonioso: quando ciò avviene ci sentiamo insoddisfatti e insofferenti. Gli stati soggettivi che noi viviamo ci dicono con chiarezza qual è la qualità del collegamento in corso in un dato momento della nostra vita.

L’intenzione è paragonabile ad una sorta di collegamento di tipo elettrico. Con l’intenzione colleghiamo la nostra “presa” ad una corrente che può essere di bassa o di elevata vibrazione. Una volta che colleghiamo la presa, riceviamo e doniamo la qualità di energia propria della fonte a cui ci siamo collegati. Nel corso della nostra giornata, questi collegamenti, evidentemente, sono numerosi e, talora, sono pure contraddittori.

Potrebbe essere utile, dunque, verificare quali sono le nostre intenzioni profonde nei vari atti della vita e nelle molteplici relazioni umane. In psicologia è definita "memoria prospettica" quella avente ad oggetto il ricordo di azioni che devono essere compiute nel futuro sulla base di pregresse intenzioni; si parla, infatti, di una memoria delle proprie intenzioni.

Ad esempio, l’intenzione che abbiamo nei confronti della nutrizione non è identica tra le persone e nemmeno, nel corso del tempo, lo è, relativamente, ad una stessa persona: possiamo assumere il cibo con indifferenza, con voracità, con bramosia, oppure, con amore, armonia, ringraziamento (cfr. su questa importante tematica, "Lo yoga della nutrizione" di O. M. Aïvanhov). Le intenzioni con le quali mangiamo dànno, effettivamente, il senso concreto (armonioso e salutare o il contrario) all’atto quotidiano della nutrizione, come possiamo desumere direttamente dalla nostra esperienza di vita. Similmente, questo ragionamento può essere esportato in tutte le cose che facciamo, anche in quelle più semplici e quotidiane per ritrovare un senso arricchente e benefico. Non a caso, l'intenzione corretta fin dal lontano passato, come abbiamo prima rilevato, è stata concepita quale un agente trasformatore. L’intenzione consapevole sprigiona le migliori energie benefiche, in aggiunta, anche sulla base delle leggi di causa – effetto e di attrazione

In epoca contemporanea, O. M. Aïvanhov è l'autore che ha maggiormente sviluppato la tematica dell'intenzione applicata nella vita quotidiana, in modo approfondito, in molte conferenze nelle quali ha illustrato come l’intenzione elevata possa far recuperare il senso del sacro di tanti atti della nostra vita quotidiana, altrimenti, soggetti all’automatismo e all’involontarietà (26).

Peraltro, anche in pedagogia si è sostenuto che la costruzione del Sè come soggetto dotato di senso implica il darsi intenzioni e l'organizzarsi secondo intenzionalità (27).

In conclusione, una cultura emergente ci invita sia a dare sempre uno scopo a ciò che facciamo affinché la nostra azione sia consapevole e determinata nel mondo interiore, sia a nutrire intenzioni positive, altruistiche, giacché esse sono realmente efficaci. Ma queste intenzioni non devono sorreggere solamente alcune tipologie di atti. Questa attitudine, come ha insegnato O. M. Aïvanhov, dovrebbe riguardare il compimento degli atti della vita quotidiana in generale. L’intenzione orientata positivamente amplia, dunque, la quantità e la qualità della nostra vita vissuta in quanto sottrae spazio alle porzioni di vita vissute in modo automatico.

Come abbiamo evidenziato in precedenza, nell'approccio olistico e spirituale, la cultura non è separata dall'anima, ha un senso se viene sperimentata, verificata per diventare, poi, eventualmente, parte integrante del proprio stile di vita, a seguito delle proprie scelte consapevoli. Pertanto, una riflessione sulle intenzioni ha un senso se meditiamo sulle nostre abituali intenzioni e proviamo a studiarne l'impatto nella nostra vita rispetto agli atti quotidiani(28).

L'edizione elettronica può essere prelevata gratuitamente:
codiceleggimorali

La versione cartacea può essere acquistata presso


(1) La definizione della responsabilità giuridica ha implicato, necessariamente, lo studio delle vicende interiori, cioè dell’atteggiamento psicologico anche al fine di distinguere tra atto volontario e atto involontario.

(2) Il codice penale all’articolo 43 stabilisce che il delitto:
- “è doloso, o secondo le intenzioni, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”;
-"è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per l'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
Il comma 2 dell’art. 43 prevede anche la preterintenzione quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente.

(3) Così E. Morselli, Il ruolo dell'atteggiamento interiore nella struttura del reato, Padova, 1989. Secondo Morselli nel dolo vi sarebbe “ un atteggiamento interiore di cosciente adesione ai propri meccanismi intrapsichici antisociali, evidenziati nel linguaggio classico con i termini di animus nocendi, prava voluntas, mala fides criminosa, ecc.”.

(4) Ibidem.

(5) D. Hume sosteneva che il desidero motiva, spinge all’azione, mentre la credenza individua l’azione più idonea. Per essere motivati occorre un desiderio e una credenza cioè la riflessione sulla idoneità dell’atto al raggiungimento dell’intenzione scelta, cfr. Trattato sull’umana natura, Laterza, 1982, pag. 484. Secondo Marylin Schlitz, Direttrice dell’Institute of Noetic Sciences: l’intenzione, sotto forma di pensiero, è un piano premeditato volto a compiere un’azione che condurrà ad un esito desiderato, ovvero, l’intenzione è una proiezione della consapevolezza con proposito di efficacia verso un oggetto o un esito. Nell'enciclopedia Sapere, si legge in tema di "intenzione": Disposizione, tendenza dell'animo e della volontà alla realizzazione di un determinato fine concepito come bene ... Esempi di un'etica dell'intenzione sono la morale cristiana (Abelardo, Tommaso), l'imperativo categorico kantiano, l'etica dei valori di Scheler. In queste concezioni la misura della bontà di un'azione è data non tanto dalla perfezione del risultato, quanto dalla purezza del movente, dalla disposizione della volontà ad agire secondo la legge morale. Contro la privatezza e l'interiorità dell'intenzione si pongono invece quelle filosofie che insistono sulla manifestazione e sulla realizzazione concreta dell'azione buona: si pensi all'etica hegeliana dello Stato in cui le intenzioni dei singoli si debbono identificare con le leggi dello Stato; o alla morale di derivazione pragmatista, positivista, o utilitarista, in cui ciò che conta ai fini di una valutazione morale non è l'intenzione ma lo scopo in quanto realizzato". Nell'enciclopedia Treccani si legge:"dal lat. intentio -onis, der. di intendĕre «tendere, rivolgere» ... Orientamento della coscienza verso il compimento di un’azione, direzione della volontà verso un determinato fine ... Nella gnoseologia aristotelico-scolastica, il termine (lat. intentio) indica sia l’atto con cui il soggetto tende verso un oggetto, sia l’immagine o forma dell’oggetto conosciuto nel soggetto conoscente (specie intenzionale): in quest’ultima accezione può riferirsi sia alla rappresentazione sensibile, sia al concetto o idea". i mezzi di comunicazione hanno divulgato la notizia seconda la quale" uno studio dimostra che è possibile rilevare le intenzioni di una persona nel suo cervello prima che si trasformino in azioni. La scoperta è dovuta ad alcuni ricercatori del Max Planck Institute di Lipsia che, usando una risonanza magnetica funzionale e un sofisticato algoritmo, sono riusciti a decifrare i segnali di questa attività cerebrale e a tradurre i pensieri di un campione di persone «con un’accuratezza del 70 per cento». L’esperimento è stato pubblicato su Current Biology. John-Dylan Haynes, coordinatore dell’équipe internazionale di neurologi, ha spiegato: «Siamo riusciti a confermare che la regione cerebrale dove si concentrano le intenzioni è la superficie della regione prefrontale della corteccia, dove i programmi vengono immagazzinati come in un deposito, prima che si decida di tradurli in vere e proprie azioni».

(6) Cfr. O. M. Aïvanhov, Regole d'oro per la vita quotidiana, il quale aggiunge, a comprova dell’importanza del gesto o dell’azione coerente, quanto segue: “per soddisfare l’intelletto, l’uomo ha bisogno di pensare; per soddisfare il suo cuore, ha bisogno di provare dei sentimenti; per soddisfare la sua volontà, ha bisogno di agire; ed è proprio nell'azione che egli vive le più grandi gioie … Un'azione presuppone, infatti, la concentrazione di tutte le energie, la partecipazione di tutte le cellule del nostro essere in vista di un gesto che ne è il compimento. Per questo ogni atto di bontà, di saggezza e di amore disinteressato, eseguito in piena coscienza, ci porta la pienezza”.

(7) Infatti, la rilevanza delle intenzioni è stata equivocata anche da alcuni filosofi i quali partendo dalla distinzione weberiana tra etica delle intenzioni ed etica delle responsabilità, hanno sostenuto che l’etica delle intenzioni è superficiale ed improponibile in settori quali quello della tecnologia e dell’ecologia. Gli effetti delle azioni umane nei predetti campi, si è sostenuto, potrebbero essere catastrofici, per cui occorre essere etici anche nelle conseguenze e non solo nelle intenzioni. Weber affermava:“Ogni agire in senso etico può oscillare tra due massime radicalmente diverse e inconciliabilmente opposte, può essere cioè orientato secondo l’etica dell’intenzione oppure secondo l’etica della responsabilità. Non che l’etica dell’intenzione coincida con la mancanza di responsabilità, e l’etica della responsabilità coincida con la mancanza di buone intenzioni. Non si vuol certo dire questo. Ma c’è una differenza incolmabile tra l’agire secondo la massima dell’etica dell’intenzione, la quale – in termini religiosi – suona:‘Il cristiano opera da giusto e rimette l’esito nelle mani di Dio e agire secondo la massima dell'etica della responsabilità, secondo la quale bisogna rispondere delle conseguenze (prevedibili) delle proprie azioni” così “La politica come professione”, Einaudi, Torino, 1971, p. 109. Queste tesi filosofiche assumono, a bene vedere, una nozione di intenzione quale mera astrazione concettuale. L’intenzione corretta nella prospettiva delle filosofie spirituali è, in realtà, una energia reale che inizia a propagarsi nell’Universo. La corretta intenzione esclude in radice comportamenti ambigui o superficiali.

(8) Seneca, Costanza del saggio, 7, 4. L’equiparazione tra l’intenzione di compiere un delitto e il delitto andato a buon fine, può apparire esagerata, ma occorre considerare che già, a quell’epoca, i pensieri negativi non venivano ritenuti neutrali, ma idonei a influenzare psichicamente, per affinità, altre persone che avrebbero potuto in seguito compiere quella determinata tipologia di atto in qualsivoglia luogo. Cfr., infra, cap. IV, legge di affinità.

(9) Seneca, De Beneficiis, 1, 6, 1-2.

(10) M. Pohlenz, La Stoa, Bompiani, pag. 83 e segg.

(11) Sant’Agostino, Contra Faustum XXII 27. Sant’Agostino, nel Discorso 243 scrive: “Miei fratelli, quei pensieri che ora solo a Dio è dato vedere, in quell'assemblea dei santi saranno visti da tutti. Nessuno vorrà che il proprio pensiero rimanga nascosto, perché lassù non ci sarà nessuno che pensi il male. Ne parla anche l'Apostolo dicendo: Non giudicate nulla prima del tempo; cioè: Non giudicate con faciloneria ciò che non sapete con quale intenzione sia stato fatto. Se vedi fare una cosa che potrebbe farsi anche con retta intenzione, non essere severo nel rimproverare, non andare oltre i limiti concessi all'essere umano. Dio solo può scrutare i cuori; l'uomo non deve giudicare se non ciò che è manifesto. Dice: Dunque non giudicate nulla prima del tempo, Che significa: Prima del tempo? Continuando dice: Finché non venga il Signore che illumini le tenebrosità nascoste. E cosa siano queste tenebrosità lo mostra all'evidenza con le parole che seguono: Illuminerà - dice - le tenebrosità nascoste. Che vuol dire? Ascolta come continua: E manifesterà i pensieri del cuore. Illuminare le tenebrosità nascoste è quindi lo stesso che manifestare i pensieri del cuore. Al presente dunque i nostri pensieri sono nella luce per noi, a ciascuno i suoi, in quanto ciascuno di noi li conosce; ma essi sono nelle tenebre per gli altri, poiché non riescono a vederli. Lassù, viceversa, il tuo pensiero come lo sai tu così lo sapranno anche gli altri. O che forse hai paura? Adesso ti piace che i tuoi pensieri restino occulti, e temi che siano resi pubblici. Può darsi infatti che pensi qualcosa di male o di disdicevole o di inutile. Lassù - quando ci sarai arrivato - non si penserà se non ciò che è buono, onesto, vero, puro, schietto. Come adesso ti piace che sia veduto il tuo volto, così lassù godrai che si veda la tua coscienza”.

(12) R. Steiner, L’iniziazione, 1904. Cfr. in materia, nello stesso senso, O. M. Aïvanhov, cap. “Alcune leggi dell'attività spirituale” in Potenze del pensiero cit.

(13) G. Gershom, La Cabala, Mediterranee, 1992, pag.179.

(14) M. Laitman, La Cabala rivelata, Urra edizioni, 2009, pag. 25.

(15) Ibidem.

(16) Peter Deunov, in Grane de blè, n. 21/1963.

(17) D. Chopra, Le coincidenze cit.

(18) Wayne W. Dyer, Il Potere dell'Intenzione, Corbaccio Editore, 2005, pag. 13 e segg. Secondo questo famoso psicoterapeuta “le immaginazioni … le nostre facoltà non sono parti costitutive del cervello. Infatti lo scienziato David Bhome (in Universo, mente, materia) ha dimostrato che tutte le informazioni e le categorie mentali dell’ordine sono presenti in un dominio invisibile o realtà più elevata e che all’occorrenza possono essere evocate ed utilizzate” ivi, pag. 16.

(19) Presso la Princeton University è stato realizzato il progetto PEAR (Princeton Engineering Anomalies Research – Ricerca Ingegneristica di Princeton sulle Anomalie) per studiare l’influenza del pensiero sulla materia. Una delle scienziate che hanno lavorato al progetto durato circa un trentennio, Brenda Dunne della Princeton University, ha affermato nel 2007:“L’enorme database prodotto da PEAR ha fornito una chiara dimostrazione che il pensiero umano può produrre piccole ma misurabili influenze su una realtà fisica, e provando numerose intuizioni tra i maggiori termini di correlazione. Ha inoltre dimostrato le basi per diversi modelli concettuali che cercano di accomodare i risultati empirici all’interno di una struttura scientifica. Mentre ci sono ancora molte domande importanti che devono essere indirizzate prima che si possa sperare in una completa comprensione della natura, funzioni, scopi, e utilità di questi fenomeni, ulteriori studi produttivi richiederanno un coordinato approccio interdisciplinare al soggetto, che non è stato attuabile sotto le predominanti restrizioni intellettuali e tecnologiche del nostro ambiente universitario”.
Nella letteratura medica sono numerose le prove scientifiche e le documentazioni che corroborano come il mondo interiore (la meditazione, la preghiera, la consapevolezza…) possa intervenire sulla materia anche a distanza (cioè su soggetti lontani) nei processi di guarigione, cfr. il vasto materiale (studi ed esperienze di psicologi, psicoterapeuti e medici) raccolto dal medico Larry Dossey nei volumi “Il potere curativo della preghiera” e “Guarire con la preghiera e la meditazione” editi rispettivamente da Red Edizioni e Rizzoli. Per una ricognizione degli studi ed esperimenti scientifici compiuti circa l’impatto del pensiero e dell’intenzione sul corpo e sulla realtà fisica, cfr. L. McTagger, La scienza dell’intenzione, Macro Edizioni, 2008. Ricorda questa autrice che alcune ricerche sul cervello tramite EMG e EEG hanno dimostrato che l’attività elettrica del cervello è identica, sia quando ci limitiamo a pensare di fare qualcosa, ad es. un atto sportivo, sia quando compiamo quell’atto sportivo; il solo pensare produce le istruzioni neurali che servono a compiere l’atto fisico, cfr. ivi pagg. 210-211. Oppure pensiamo ai campioni di acqua tenute nelle mani di soggetti esperti meditatori con intenzione di cambiare le proprietà dell’acqua, cfr. ivi, pag. 61; agli esperimenti del fisico Tiller (Subtle energies, in Science e medicine 6/1999, pagg. 28-33) che hanno dimostrato come il solo pensiero diretto verso un obiettivo produca una energia fisica dimostrabile anche a distanza, cfr. ivi, pag. 60. Per una ricognizione degli studi effettuati circa gli effetti della meditazione e dello yoga sul sistema nervoso, cfr. F. Coppola, Il segreto dell’Universo cit., pagg. 179 - 213. In particolare, i primi studi ufficiali sugli effetti della meditazione risalgono agli anni “70” quando due medici di Harvard, Benson e Wallace, pubblicarono “Fisiologia della Meditazione” sulla rivista Science (n. 167/1970), cfr. ibidem. Secondo il fisico, F. Marchesi, anche il principio di indeterminazione di Heisemberg (secondo cui non è possibile conoscere la realtà attraverso l’osservazione in quanto la semplice osservazione di un fenomeno, modifica il fenomeno stesso) dimostra “che anche l’atteggiamento mentale e le aspettative di chi osserva intervengono su di esso modificandolo. Se il comportamento di una particella subatomica cambia quando viene osservata, è ragionevole aspettarsi che qualsiasi struttura della materia costituita da un numero grande di particelle subatomiche, sia a sua volta soggetta alle influenze esterne” così Fisica dell’Anima, Tecniche Nuove, 2004, pagg. 21- 25. Un uomo, afferma Marchesi, “compie un salto evolutivo quando diviene consapevole che ciò che pensa è più importante di ciò che fa. Ciò che fa dipende da ciò che pensa, ma ciò che pensa può produrre effetti enormemente più importanti …” ivi, pag. 31.

(20) G. Braden, La guarigione spontanea delle credenze, 2008, pag. 9. Una credenza per Braden, è più di un semplice pensiero o sentimento: “è l’accettazione di ciò che pensiamo sia vero con la mente, unito a ciò che sentiamo vero con il cuore”. La credenza o convinzione è un’esperienza che accade sia nella mente che nel corpo e che modifica la realtà, ivi, pag. 92. La nuova visione secondo cui “tutto è energia che interagisce con altra energia” porta a ritenere naturale questo impatto sulla realtà. Questo autore sottolinea che ”quando all’interno del nostro organismo prendono forma delle credenze centrate sul cuore, nel linguaggio della fisica, noi stiamo dando loro espressione elettromagnetica, sotto forma di onde di energia, non confinate nel nostro cuore, né limitate dalla barriera fisica della pelle o delle ossa del corpo umano. Quindi, noi chiaramente “parliamo” col mondo circostante ogni attimo della giornata, attraverso un linguaggio senza parole: le onde di credenza emesse dal cuore”, ivi 101. Le nostre esperienze interiori creano campi, cioè si convertono in onde elettromagnetiche le quali apportano modificazioni all’atomo: “si altera sia il suo comportamento sia il modo in cui si esprime in quanto materia. E quando l’atomo cambia, lo fa anche il nostro mondo”, ivi, pag. 100. Il mutamento dell’energia di un atomo per mezzo di un campo è un fenomeno ben documentato, afferma Braden, dagli esperimenti del premio Nobel Zeeman (1896) e di J. Stark (1913). Queste affermazioni di Braden sulla rilevanza fisica delle credenze centrate sul cuore, poggiano anche sulle ricerche scientifiche condotte dall’Institute of HeartMath, cfr., infra, note successive.

(21) Cfr. R. Sheldrake, La Mente Estesa, pag. 293, il quale afferma che “Ci hanno insegnato a credere che la mente sia solo dentro la nostra testa, che l’attività mentale non sia altro che attività cerebrale. Alcune prove sperimentali … suggeriscono che la nostra mente si estenda ben oltre il cervello; estendendosi attraverso dei campi che ci collegano al nostro ambiente e gli uni agli altri. I campi mentali sono radicati nel cervello, proprio come i campi magnetici che circondano un magnete sono radicati nel magnete stesso, o come i campi di trasmissione attorno ai telefoni cellulari sono radicati nel telefono e nella sua attività elettrica interna. I campi mentali inoltre si estendono attorno al cervello allo stesso modo in cui i campi magnetici si estendono attorno ai magneti, ed i campi elettromagnetici attorno ai telefoni cellulari. I campi mentali ci aiutano a spiegare la telepatia, la sensazione di essere osservati ed altre capacità molto diffuse ma tuttora prive di spiegazione. Soprattutto, i campi mentali sono alla base della normale percezione quale parte essenziale della vista”. Ricerche scientifiche sono state condotte anche sul campo elettrico emanato dal cuore il quale “funziona da sistema sincronizzatore di tutti gli altri campi prodotti dai vari organi del corpo umano, ciascuno dotato di una propria intensità e frequenza di campo … È stato ormai dimostrato e sperimentato ampiamente che l’insieme di questi campi forma la cosiddetta misteriosa (ora non più) aura, un inviluppo energetico di campi elettromagnetici che a sua volta forma una specie di globo a forma di uovo radiante disposto attorno all’organismo degli esseri viventi” così V. Marchi, op. cit., pagg. 206 – 209. Effettivamente, dalle ricerche scientifiche condotte dall’Institute of HeartMath di Boulder Creek, in California, collegato all’Università di Stanford si evince che il cuore ha un piccolo e proprio cervello formato da circa 40.000 cellule nervose generanti un campo elettromagnetico il cui diametro si estende almeno dai due metri e mezzo ai tre metri (i dati indicano che questo campo potrebbe essere talmente ampio da permetterci di misurarlo in termini di miglia; tuttavia, la rilevazione di campi come quelli va al di là della portata delle attrezzature utilizzate), con l’asse centrato nel cuore:”I campi elettromagnetici generati dal cuore permeano ogni cellula e possono agire come un segnale sincronizzatore per il corpo in maniera analoga all’informazione portata dalle onde radio. L’evidenza sperimentale dimostra che questa energia non solo è trasmessa internamente al cervello ma è anche recepibile da altri che si trovino nel suo raggio di comunicazione. Il cuore genera il più ampio campo elettromagnetico del corpo. Il campo elettrico come viene misurato dell’elettrocardiogramma (ECG) è all’incirca 60 volte più grande in ampiezza di quello generato dalle onde cerebrali registrate da un elettroencefalogramma (EEG). La componente magnetica del campo del cuore, che è all’incirca 5000 volte più potente di quella prodotta dal cervello, non è impedita dai tessuti e può essere misurata a diversi piedi di distanza dal corpo con uno Strumento a Superconduzione di Interferenze Quantiche (SQUID) basato su magnetometri. È stato anche rilevato che le chiare modalità ritmiche nella variabilità della cadenza del battito cardiaco sono distintamente alterate dall’esperienza di differenti emozioni. Questi cambiamenti nelle onde elettromagnetiche, nella pressione sanguigna e in quella sonora, prodotti dall’attività del ritmo cardiaco sono percepite da ogni cellula del corpo a ulteriore supporto del ruolo del cuore quale globale e interno segnale di sincronizzazione” così P. J. Rosch e M.S. Markov, Applications of Bioelectromagnetic Medicine (Applicazioni cliniche di Medicina Bioelettromacgnetica), New York 2004 – Istitute of HeartMath .

(22) Cfr. R. Sheldrake, La Mente Estesa cit., pag. 17. La parola “morfogenetici” deriva dal greco morphe, forma, e genesis, messa in essere.

(23) L. Dossey, Il potere curativo della preghiera, Red, pag. 61. Secondo questo studioso, “La psiche non è localizzata nel cervello o nel corpo … essa si propaga attraverso lo spazio e il tempo, è senza confini …. a qualche livello la psiche nostra è una, ivi, pag. 92. Questa affermazione è in sintonia con quanto osservato da O. M. Aïvanhov: “L'anima dell'uomo è un'infinitesima parte dell'Anima universale … l'anima si estende ben al di là del corpo fisico … la parte dell'Anima universale che è in noi, tende incessantemente verso lo spazio, verso l'immensità, verso l'infinito”, cfr. Vita psichica, elementi e strutture cit.

(24) Cfr. per approfondimenti quanto scrive il fisico A. Goswami, Guida quantica all’illuminazione, Mediterranee, 2007, pag. 82.

(25) V. Marchi, Materia: atto d’intenzione, Scienza e conoscenza, 8 febbraio 2011.Pertanto, aggiunge Marchi, ora tocca a noi agire con consapevolezza: ”La maggior parte delle persone non influenza la realtà in modo consistente, significativo, perché non crede di poterlo fare. Le persone in genere scrivono nella mente un’intenzione e poi la cancellano, poiché pensano: non è possibile, è un’idea assurda! A cosa porta tutto questo? A nulla, alla distruzione della possibilità. Tant’è che molti ricercatori si chiedono ancora oggi: possibile dunque che un individuo, con la propria osservazione, possa influenzare il mondo della realtà presente davanti ai propri occhi? Certo che sì, se quella realtà è viva! Lo stesso Werner Karl Heisemberg, negli anni ‘30 del secolo appena trascorso, fu molto esplicito al riguardo: gli atomi non sono oggetti, ma solo tendenze. E anche John Wheeler, uno dei padri della bomba atomica, lo fu in modo ancora più eclatante, quando dichiarò che la Realtà del mondo non è altro che Un atto di Coscienza partecipata”.Cfr., supra, cap.I, paragrafo 2.

(26) Ad esempio, in tema di sessualità O.M. Aïvanhovosserva: "Nei rapporti sessuali fra uomini e donne non vi è in sé nulla di male. Se così fosse, perché in natura non si vede altro per tutte le specie fin dalla creazione del mondo? Se l'atto in sé fosse riprovevole, come mai la natura lo tollera … L’atto in sé non è né cattivo né buono; solo l'intenzione che vi si mette lo rende criminale o sacro. Per fare un paragone, che cos'è più importante: il rubinetto o l'acqua che ne esce? Il rubinetto può anche essere d'oro, ma se da esso scorre acqua sporca... Ciò che conta è che l'acqua sia pura. Ebbene, una cattiva intenzione è paragonabile a un'acqua sporca, e un'intenzione buona a un'acqua cristallina e vivificante. Ciò che importa non sono dunque né i gesti dell'amore né gli organi, ma la qualità delle energie, delle emanazioni e delle quintessenze che si sprigionano, cioè la natura di tutte le forze psichiche che l'uomo e la donna proiettano mentre si amano ...". In tema di relazioni umane,O.M. Aïvanhov osserva: "Nelle relazioni che cercate di stabilire con gli altri, il primo punto da considerare siete voi, sono le vostre intenzioni, i vostri desideri, l’atteggiamento che avrete. Prima di preoccuparvi di sapere se quegli esseri risponderanno alle vostre aspettative, interrogatevi sulla natura delle richieste che rivolgerete loro. Voi immaginate che farete conoscenza con un essere meraviglioso… Ciò non basta: se non sarete attenti e scrupolosi, cosa gli porterete, frequentandolo? E inoltre, cosa attirerete su voi stessi? Infatti ogni creatura umana, qualunque essa sia, è fatta di due nature, una inferiore e una superiore, e se con le vostre cupidigie vi rivolgete alla sua natura inferiore, farete del male a quella creatura; perciò non lamentatevi poi se sarà la sua natura inferiore a rispondervi. Se volevate ottenere delle risposte positive, bisognava che i vostri desideri fossero in affinità con la sua natura superiore. Eh sì, questo è amare veramente il prossimo, e amandolo in questo modo, amate anche voi stessi. Ma credete che gli esseri umani lo abbiano compreso? Nel loro desiderio di attirare l’amore, l’amicizia o la simpatia degli altri, si sforzano di compiacerli facendo loro dei regali e cedendo ai loro capricci. L’uomo offre dei gioielli o un’automobile a una donna per soddisfare la sua vanità, mentre la donna si impegna per soddisfare la golosità e gli appetiti sessuali dell’uomo; nel frattempo la loro anima e il loro spirito muoiono d’inedia. Ma cosa importa? A quanto pare si amano! Sì, si tratta solo di sapere quanto tempo durerà quell’amore e soprattutto cosa porterà loro.

(27) Le intenzioni nel processo formativo. Itinerari, modelli, problemi, Biblioteca di Scienze della Formazione,Edizioni del Cerro, 2005

(28) Il supporto metodologico per questo lavoro di ricognizione e sperimentazione può, ad esempio, essere reperito in Lo yoga della nutrizione, Amore e sessualità,Regole d'oro per la vita quotidiana, Prosveta edizioni.