Alla ricerca delle Leggi Morali
(estratto dal "Codice delle Leggi")

Bruno E. G. Fuoco

-La parola "Legge"
-Legge fisica e legge giuridica
-Legge giuridica e legge morale
-La definizione di Morale
-La legge della libertà o della Provvidenza

1.La parola “Legge”

Come è noto, nel campo giuridico, la legge (la parola “legge” richiama l’idea di vincolo o di legame posto, cioè di legame reso esplicito - lat. lex, gr. léghein, radice indo. legh) indica una prescrizione che ha come fine quello di regolare il comportamento dei membri di una comunità. Questa prescrizione è posta dalle autorità competenti, a seconda dei diversi contesti sociali. Questa legge viene definita “legge positiva” e deve essere rispettata, pena l’irrogazione di sanzioni.

La nozione di «legge» è presente, come è noto, anche in ambito scientifico: “nel suo significato più generale, si intende con essa esprimere una connessione stabile e verificabile, fra grandezze osservabili che concorrono in un determinato fenomeno, di solito mediante il ricorso ad un formalismo logico-matematico” ( Leggi Naturali, Giuseppe Tanzella - Nitti, Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede). Questa legge è detta legge fisica o legge della natura. Le leggi della natura riflettono “i modi in cui funziona il mondo, i quali, più che imposti vengono scoperti e sono in massima parte inviolabili”(Peter Kosso, Leggere il Libro della Natura, Il Mulino, 1995, pag. 28).

Nella storia dell’uomo si è diffusa l’idea che esistano anche prescrizioni aventi il loro fondamento in leggi diverse da quelle giuridiche. Queste leggi sono definite “ Leggi naturali” o “morali”. La legge naturale è stata concepita, come ha illustrato un autorevole storico della filosofia del diritto (G. Fassò, Storia della filosofia del diritto, I vol., Laterza, 2002), soprattutto, secondo tre diverse matrici: una matrice teologica, naturalistica e razionalistica. Una delle definizioni più famose di legge naturale è quella tramandata da Cicerone: “Vi è una legge vera, ragione retta conforme alla natura, presente in tutti, invariabile, eterna, da richiamare con i suoi comandi al dovere, e da distogliere con i suoi divieti dall’agir male. Questa legge non ... può essere abrogata. Essa non è diversa a Roma o Atene, oppure oggi o domani: essa è unica, eterna, immutabile, e capace di reggere tutte le genti in ogni tempo. Unico infatti è il Dio, signore e guida di tutte le cose, che ha scoperto, elaborato e dettato questa legge”( De Republica III, 22).

Riepilogando, ai fini della nostra tematica, abbiamo tre tipologie di Leggi: leggi fisiche, leggi giuridiche e leggi morali o naturali.


2. Legge giuridica e legge fisica

La distinzione tra legge giuridica e legge fisica è evidente. Prendiamo la seguente proposizione: “se io lancio un pallone contro il muro che ho di fronte, si produce un effetto di rimbalzo del pallone”. Abbiamo, in questo caso il lancio del pallone contro il muro (fenomeno a) che genera il rimbalzo (fenomeno b). La causalità è fisica e attiene al mondo dei fatti. La legge fisica esprime, quindi, un rapporto causale tra due fenomeni della realtà fisica.

Esaminiamo, invece, la seguente proposizione giuridica: “il contratto di vendita stipulato oggi, produce il dovere di pagamento dell’acquirente Tizio a favore del venditore Caio”. Qui abbiamo alcuni fogli di carta sottoscritti (fenomeno materiale a cui il diritto attribuisce rilevanza giuridica di contratto) e il conseguente dovere di pagamento, cioè un dover essere (Cfr. A. Falzea, Efficacia, Enciclopedia del diritto, Giuffrè, 1965).

Il pagamento, a differenza del rimbalzo del pallone, non è una conseguenza reale. Il pagamento è un dover esser che può non realizzarsi nella realtà, sia perché può non esservi il pagamento volontario pattuito e sia perché il sistema giustizia, per svariate ragioni, può non produrre quel risultato atteso. La legge giuridica pone, dunque, un rapporto tra un fenomeno fisico e un dover essere che si riferisce al piano dei valori e non dei fatti materiali.

3. Leggi Morali e leggi giuridiche

Vediamo come si configurano le Leggi Morali secondo le filosofie spirituali.
Prendiamo, ad esempio, la proposizione centrale della legge Morale: “quello che semini, raccoglierai”. Da questa proposizione possiamo ricavare, ad esempio, la seguente regola: “se noi alimentiamo un determinato pensiero o sentimento (simbolicamente, lancio un pallone) si produce nel tempo un effetto di maturazione e di ritorno del nostro pensiero o sentimento (effetto di rimbalzo)”. Abbiamo una energia da noi irradiata (semina) che compie un percorso e ritorna da noi che l’abbiamo irradiata (raccolto). Le Leggi Morali pongono una relazione tra i semi che ho piantato nella mia Terra (il mio mondo interiore) e i frutti che raccoglierò nella vita.

Queste Leggi esprimono un rapporto causale tra due fenomeni, entrambi, in questo esempio, espressione della realtà psichica (energie veicolate tramite i pensieri e sentimenti). Considerato, inoltre, che quanto contenuto nella realtà psichica tende nel tempo a materializzarsi in situazioni concrete di vita, le Leggi Morali pongono, anche, una relazione causale tra un fenomeno psichico (il mio mondo interiore, fatto di pensieri e sentimenti) e un altro fenomeno oggettivo e cioè le situazioni di vita concrete in cui io mi troverò. Le situazioni che oggi vivo qui sulla terra sono, secondo le Leggi Morali, la necessaria concretizzazione del mio mondo interiore: raccolgo “oggi” ciò che “ieri” ho seminato.

La legge morale non focalizza, enormemente, l’attenzione sull’azione materiale, non già perché essa sia ritenuta priva di rilevanza, ma perché essa è la concretizzazione di ciò che interiormente l’uomo ha deliberato. Comunque, evidentemente, anche l’azione materiale, cioè i gesti compiuti generano effetti rilevanti sul piano morale, poiché anche essi sono espressione di una tipologia di semina.

La Legge Morale è scritta, trattandosi di una legge fisica, nella Natura che è organismo intelligente e vivo di cui anche l’uomo è parte. Questa legge permea la struttura psichica dell’uomo (sfera dei pensieri, dei sentimenti, dell’immaginazione…).

La violazione del “dover essere” giuridico può, come già detto, non produrre conseguenze concrete; la violazione del “dover essere” morale (ad esempio, la semina di pensieri e sentimenti di odio) produce, sempre, conseguenze sfavorevoli.

La conformità al “dover essere” giuridico può produrre conseguenze favorevoli, se la legge scritta ha previsto un vantaggio (effetto premiale); la conformità al “dover essere” morale produce, invece, sempre conseguenze favorevoli.

Il “dover essere” giuridico attinge dall’etica di quel dato popolo, in un determinato momento storico. I valori etici di un popolo transitano nei principi giuridici e nelle regole giuridiche contenute nelle leggi scritte.Osserva P. Ricoeur che “I principi generali del diritto” sono l`elemento di connessione tra la giustizia come mero ideale e la giustizia legata al diritto positivo ed alle leggi scritte, che possono essere talvolta anche leggi criminali … “I principi generali del diritto” sono appunto l`espressione della sensibilità morale dell`umanità in un dato momento storico, giacché presentano una certa visione dei rapporti di coesistenza tra gli uomini, tali da rendere sopportabile la vita in comune… si trovano nelle dichiarazioni universali dei diritti come per esempio nella Dichiarazione d`indipendenza della Rivoluzione americana, nella Dichiarazione dei diritti dell`uomo e del cittadino della Rivoluzione francese e nel preambolo di molte costituzioni, che spesso contengono principi più giusti rispetto al contenuto determinato delle leggi che seguono”.

Il “dover essere” della legge morale è, invece, un modo di conformarsi della struttura psichica umana e, in ragione di ciò, ha una validità universale.

Possiamo sottolineare, sinteticamente, che:
1) secondo le leggi giuridiche si può pensare, immaginare e desiderare tutto ciò che si vuole (sfera interiore), ma non si può fare tutto ciò che si vuole (sfera esteriore). Il giudizio umano non può concernere gli atti interiori, e quindi la legge umana può riferirsi solo agli atti esteriori, come già aveva rilevato San Tommaso nella Summa Teologica.

Secondo Marsilio da Padova (G. Fassò, op. cit., pag. 247) gli atti volontari regolati dall’intelletto sono di due specie: immanenti in quanto restano interni al soggetto (pensieri, sentimenti, moventi interiori); transeunti in quanto toccano altri soggetti (sfera intersoggettiva, cioè le azioni soggette al diritto umano). Secondo Marsilio gli atti immanenti sono soggetti “alla legge Divina il cui fine è ultraterreno e le cui sanzioni hanno luogo nelle vite future”;

2) secondo le leggi morali non si può pensare, immaginare e desiderare e fare tutto ciò che si vuole (sfera interiore ed esteriore), nel senso che si è liberi, evidentemente di scegliere, ma a ogni azione e intenzione segue, sempre, una conseguenza, una reazione. Il mondo psichico è reale, esiste alla stessa stregua di quello fisico, entrambi i mondi veicolano energie, forze, entrambi i mondi sono soggetti a leggi;
3) le leggi morali, sul piano del funzionamento, sono, quindi, più vicine alle leggi fisiche che a quelle giuridiche.

4. La definizione della Morale.

I libri di filosofia ci insegnano che l’uomo fin dall’antichità si è interrogato sulla natura delle leggi morali o naturali. Ci siamo chiesti: esistono leggi non scritte antecedenti alle leggi create dall’uomo? Se sì, quali sono? Come le apprendiamo? Una volta riconosciute, come operano concretamente nella realtà dell’uomo? Queste leggi hanno un fondamento oggettivo, oppure, rispecchiano necessariamente l’atteggiamento soggettivo e morale del singolo, cioè sono il riflesso di opzioni filosofiche e religiose? Ma se queste leggi sono violate, cosa succede? Vi sono conseguenze che si esauriscono nella sola sfera intima, oppure, si riflettono nel corso della vita mediante eventi concreti? La vicenda di vita del singolo uomo si esaurisce, in via definitiva, nel ciclo di una sola esistenza, dimodochè le eventuali ingiustizie subite e commesse a danno degli altri, si annullano? La vita nella sue diverse manifestazioni (bene e male, dolore e piacere…) è organizzata sulla base di relazioni causali predeterminate tra fatti ed effetti (il seme buono genera il bene e così via)? Raccoglierai ciò che semini, esprime solo una forma di saggezza popolare, oppure, esprime una legge oggettiva? Tra i fatti generatori di effetti possiamo collocare non solo le azioni materiali, ma anche gli stati di coscienza e cioè i pensieri, i sentimenti e le intenzioni? Lo studio delle leggi morali può fondarsi sulla lettura del libro della Natura, di cui l’uomo è parte, oppure, deve basarsi sulla conoscenza delle varie categorie speculative e terminologie coniate dai singoli pensatori che si sono succeduti nel corso della storia?

A questi interrogativi sono state fornite risposte diverse e, talora, antitetiche tra loro. Le diversità più rilevanti hanno riguardato la genesi delle norme morali (1), la rilevanza concreta delle norme morali nella vita e l’individuazione di singole norme morali, soprattutto, laddove queste ultime dovevano assurgere a parametro valutativo delle leggi giuridiche (pensiamo, ad esempio, alle problematiche in tema di famiglia, terapie mediche, etc.).

In merito al senso delle norme morali, è interessante osservare che nel mito di Epimeteo e Prometeo raccontato da Platone nell’opera Protagora (320 C - 324 A), la facoltà di conoscere e rispettare le leggi morali venne data dal Divino all’uomo per permettere la convivenza e la sopravvivenza dell’uomo. Vi era un tempo, si legge [...]

Questo racconto illustra l’origine divina del senso morale e la necessità sociale delle norme morali. Su quest’ultimo aspetto, cioè sulla necessità almeno pratica delle leggi morali ai fini della convivenza umana, vi è una generale condivisione.

Ma cosa è la Morale?

Alcuni pregiudizi concettuali hanno ostacolato, a nostro avviso, una serena ricerca di possibili Leggi Morali. Proviamo ad individuarli.

In primo luogo, l’avere affermato il carattere meramente pedagogico ed esortativo delle prescrizioni morali in generale, ed in particolare, di quelle enunciate nei Vangeli, per gli occidentali. In ragione di ciò si è escluso, a priori, che le leggi morali potessero avere una valenza “reale”, cioè causale sulla vita dell’Uomo e sulla sua evoluzione. La difficoltà concreta di raggiungere il grado di perfezionamento idoneo ad orientare anche le nostre energie più intime, ha indotto molti a banalizzare il significato delle prescrizioni evangeliche le quali sono state snaturate in semplici precetti pedagogici non riconducibili a leggi dotate di conseguenze reali. [...] L’opera di snaturalizzazione delle prescrizioni etiche è stata completata in occidente con la banalizzazione della reincarnazione e dell’idea relativa alla prosecuzione della vita dell’anima dopo l’abbandono del corpo (2).

In secondo luogo, l’avere affermato che il male (cioè l’energia istintiva) è una energia antitetica all’Intelligenza creatrice dell’Universo, mentre, in realtà il bene e il male sono energie serventi alle manifestazioni della Vita. Il vero male che provoca sofferenze ed ingiustizie deriva dall’uso errato delle energie che abbiamo in dotazione (gli istinti). L’osservazione della vita quotidiana è istruttiva. Vi sono uomini che orientano il proprio “ego” (natura umana, o sé inferiore), usandolo come risorsa per ascendere nei livelli di coscienza, al fine di manifestare comportamenti altruistici. Vi sono uomini che, invece, assumono il proprio ego come guida della propria esistenza, cagionando innumerevoli sofferenze anche agli altri, in proporzione al ruolo ricoperto nella società [ ...] L’esperienza ha, infatti, mostrato che l’uomo che si limiti a lottare contro gli istinti, si depaupera, perché, a ben vedere lotta contro se stesso. Pertanto, il precetto di lottare contro i nostri istinti, quali energie distinte dal bene, essendo in contrasto con la Vita e i suoi disegni, ha creato danni e molte sofferenze psichiche, ha indebolito i nostri slanci interiori e ha diffuso una implicita rassegnazione. Questa impostazione concettuale, essendo votata all’insuccesso, ha legittimato la filosofia giustificazionista seconda la quale è quasi impossibile cambiare se stessi a differenza di quanto può accadere ad alcuni esseri per imperscrutabili ragioni. D’altro canto, in assenza di una luce esplicativa sull’utilità concreta e il senso profondo della trasformazione delle energie istintive, a molti risultava incomprensibile astenersi dal fare alcune cose, verso le quali risultavano fortemente sospinti dalla stessa natura umana. Il mero ossequio alla Morale o alla religione non pareva una ragione sufficiente e convincente per seguire nella vita una disciplina fonte di limitazioni e rinunce. D’altronde, talvolta, anche coloro che impartivano severi precetti, illustrandone le gravi conseguenze in caso di condotte difformi, risultavano afflitti dalle stesse o ben peggiori debolezze. L’assenza di una cultura, di una pedagogia idonea ad affrontare questa delicata problematica ha lasciato il segno nel nostro passato. Di questa errata impostazione, se ne era avveduto anche San Giovanni Bosco il quale aveva scritto “uno degli inganni principali … con cui si allontanano i giovani dalla virtù è di metter loro in mente che il servire al Signore consista in una vita malinconica e lontana da ogni divertimento e piacere. Non è così, cari giovani. Io voglio insegnarvi un modo di vita cristiana, che possa nel tempo stesso rendervi allegri e contenti, e mostrarvi quali sono i veri divertimenti e i veri piaceri” (Il giovane provveduto, Edizioni S.E.I., 1951). Infatti, la parola “sacrificio”, precisa, O.M. Aïvanhov, non deve essere associata all’idea di perdita, ma ad una trasformazione di una materia in un’altra, di un’energia in un’altra, cioè ci si priva di una cosa per sostituirla con un’altra migliore (L’alchimia spirituale, 2009).

In terzo luogo, l’identificazione dell’Io con il corpo fisico e con i suoi bisogni e la visione, rivelatasi scientificamente errata, della Natura intesa sommatoria di oggetti solidi e distanti, indipendenti gli uni dagli altri. Questa visione della realtà visibile ha prodotto l’illusione ottica della separatività tra gli esseri umani e tra questi e la Natura … Ma adesso la fisica quantistica dice che vi è, per davvero, una realtà profonda dove gli esseri e anche gli oggetti non sono effettivamente separati ma in stretto contatto, in un continuum di energie. Per molti, questa verità scientifica conferma che tutti gli esseri sono interdipendenti ed espressione di una stessa unità anche nel piano interiore, posto che la realtà interiore dell’uomo è fatta anche essa di energia, cioè di onde e particelle (cfr. paragrafo 2, capitolo I).
Taluni aggiungono che nei livelli ancora più profondi della Vita: ”Tu e Io siamo letteralmente Uno”. La separatività tra gli uomini è, dunque, frutto di una illusione. In ragione di ciò, colui che, seguendo l’egocentrismo, infligge colpi agli altri, silenziosamente, nel corso del tempo, li proverà su se stesso. Come se noi colpissimo una nostra gamba ritenendola erroneamente una parte distinta ed estranea al nostro essere […]

Afferma Ervin Laszlo: “La visione emergente della realtà è più di una teoria, e coinvolge non soltanto gli scienziati. Essa ci avvicina più che mai all’atto di sollevare il velo della percezione sensoriale e di comprendere la vera natura del mondo. Si tratta di una riscoperta felice anche per la nostra vita e il nostro benessere, che convalida qualcosa che abbiamo sempre sospettato ma che in tempi moderni non potevamo esprimere … Questo ‘qualcosa’ è un senso di appartenenza, di unità. Siamo parte gli uni degli altri e della natura; non siamo estranei nell’universo. Siamo parte coerente di un mondo coerente; né più né meno di una particella, una stella o una galassia. Soltanto che noi siamo una parte cosciente del mondo, esseri attraverso cui il cosmo può conoscere se stesso. Questa comprensione costituisce una solida base per il recupero di un significato più profondo della vita, e per un nuovo, più affidabile orientamento in questo passaggio cruciale della storia. Possiamo vivere il nostro pieno potenziale come esseri coscienti: possiamo arrivare a conoscere il cosmo nuovamente spiritualizzato”.

Occorre, infine, prendere atto che certa una ritrosia concettuale su queste tematiche ha un particolare retaggio storico. Effettivamente, nel corso della storia, la questione della vita interiore è stata usata, talora, per legittimare il proprio potere sugli altri o per imporre alla collettività visioni “particolari” tramite leggi giuridiche o altri strumenti. A ciò aggiungasi che non veniva offerta alla collettività una visione concettuale della vita interiore ed in ragione di questa circostanza, vi era una certa legittima sospettosità nel dover compiere una delega interpretativa in bianco a chicchessia. La libera scelta, invece, è un pre-requisito della Legge Morale. La morale non può essere imposta, ma deve essere verificata dal singolo. Infatti, si ha “un progresso morale, quando l'uomo non eleva a motivo del suo agire semplicemente il comandamento di una autorità esterna o di quella interna, ma quando si sforza di riconoscere la ragione, per cui una certa massima deve valergli come motivo. Questo progresso è quello che distingue dalla morale autoritaria l'azione fondata sul giudizio morale. L'uomo giunto a questo gradino studierà la necessità della vita morale e dalla conoscenza di questa si lascerà determinare alle sue azioni” (R. Steiner).

Sgomberato il terreno da questi pregiudizi, possiamo rispondere al quesito precedente, facendo nostra questa definizione, chiara e semplice, di morale: “Il più delle volte viene chiamato così un insieme di regole ispirate dalle diverse condizioni geografiche, storiche o sociali. Qui, è immorale mostrare la caviglia, mentre là è affatto morale apparire mezzi svestiti. Qui, è immorale che un uomo guardi il volto di una donna ... ecc. Ovviamente, tutto questo non ha niente a che vedere con la vera morale … la morale è l’insieme delle leggi inscritte dall’Intelligenza cosmica nell’organismo umano, nel cuore delle cellule dei suoi organi … L’origine della morale è dunque nell’uomo stesso. Quando studiate la questione da questo punto di vista, constatate che esiste una morale assoluta, valida per tutti … e poiché vive nell’uomo, la vera morale non può essere distrutta … la morale non è stata inventata dagli uomini, dalla società o dalle istituzioni religiose, essa è reale in quanto è iscritta nella Natura e nell’uomo … la legge Morale è stata promulgata dall’Intelligenza della Natura e costituisce il prolungamento delle leggi naturali nell'ambito della nostra psiche” (O. M. Aïvanhov, Leggi della Morale cosmica, Prosveta).

Voltaire ha, acutamente, affermato: ”La morale non sta nella superstizione, non sta nelle cerimonie, non ha nulla in comune con i dogmi. Non si ripeterà mai abbastanza che tutti i dogmi sono diversi, mentre la morale è la medesima in tutti gli uomini che fanno uso della ragione. La morale viene dunque da Dio, come la luce. Le nostre superstizioni non sono che tenebre. Lettore, rifletti: sviluppa questa verità e traine le conseguenze”. Voltaire, poi, polemizzando con uno storico francese (il quale aveva scritto che cristiani avevano una morale, ma i pagani non ne avevano nessuna) ha aggiunto che “Non c'è che una morale … Gli agricoltori, i manovali, gli artigiani non hanno mai seguito corsi di morale; non hanno letto né il De finibus bonorum et malorum di Cicerone né le Etiche di Aristotele; però, non appena si mettono a riflettere, diventano senza saperlo discepoli di Cicerone: il tintore indiano, il pastore tartaro e il marinaio inglese conoscono il giusto e l'ingiusto” (Dizionario filosofico, I vol., Rizzoli, 1982, pagg. 256 - 257).

O.M. Aïvanhov, in sintonia con maggioranza delle tradizioni occidentali e orientali, afferma che si può comprendere la Morale, leggendo il Libro della Natura vivente (3): i contadini quando non seminano, non si aspettano nessun raccolto … Allora perché un uomo che semina odio e discordia dovrebbe sperare di raccogliere amore e pace? Per avere un palazzo di marmo, non si utilizzano dei mattoni. Per avere un corpo sano, non ci si ciba di alimenti avariati. Come possiamo pensare di avere una psiche solida, resistente,un'intelligenza limpida ed un cuore generoso, se continuiamo incessantemente ad agitare pensieri e sentimenti disordinati, avvelenati dall'avidità o dal rancore? È indispensabile essere selettivi con i pensieri e i sentimenti, esattamente, come lo si è con il cibo o con la costruzione di una casa”.

Il nucleo centrale delle leggi morali è, dunque, costituito dalla legge di causa - effetto: si raccoglie ciò che si semina. La legge morale reca l’obbligo di selezionare le energie che seminiamo nel nostro mondo interiore e con i nostri atti, perché da come impieghiamo le energie della Vita, in una direzione altruistica o egocentrica, nasce la nostra responsabilità morale.

Lo scopo ultimo della legge morale è quello di far evolvere l’Uomo: il primo gradino di questo percorso è dato dalla necessità di far provare all’uomo ciò che egli fa agli altri, al fine di ampliare la sua consapevolezza e vincere l’istinto alla separatività. Pertanto, possiamo anche dire che il senso autentico della morale deve basarsi “sulla coscienza che l’essere umano riempie tutta la creazione …[e] spesso ci scontriamo con gli esseri e gli oggetti senza renderci conto che essi sono pure noi stessi” (O.M. Aïvanhov).

L’idea della Morale quale prolungamento delle leggi fisiche nel mondo interiore, trova conferma ad esempio nelle tesi dello scienziato E. Laszlo secondo il quale la morale ha basi oggettive: “possiamo discernere tra bene e male, giusto e sbagliato. Questo perché nel modo in cui le cose sono, alberga effettivamente, un’indicazione di come dovrebbero essere. Le cose non sono passive, inerti, ma si evolvono e co-evolvono con le altre … possiamo dire se un’azione merita di essere considerata bene o male in relazione al fattore che dà energia al processo evolutivo: più esattamente, in relazione al fattore che, se manca, lo indebolisce. Questo fattore è la coerenza. Come una particella è coesa a un’altra, un atomo a un altro atomo in una molecola, e una molecola, cellula, organismo ... con altre molecole … così in una biosfera planetaria la coerenza permette l’evoluzione di forme più elevate per struttura e complessità accompagnate da forme più elevate di mente e coscienza. La coerenza dà forza all’evoluzione anche nel mondo umano. La coerenza in noi significa salute: il funzionamento ottimale del corpo ... quando un organo non è coerente con il resto funziona male … a sua volta la coerenza intorno a noi equivale al funzionamento integrale dei gruppi e delle organizzazioni di cui facciamo parte: famiglia, comunità, nazione ...La coerenza in noi e intorno a noi sono collegate e si rafforzano a vicenda … Tutto quello che facciamo promuove o ostacola la coerenza e quindi l’evoluzione e lo sviluppo dell’ambiente … comportamenti caratterizzati da equità, mutuo rispetto e solidarietà meritano di essere valorizzati e premiati” a differenza dei comportamenti antisociali e antiecologici che meritano di essere sanzionati.

La capacità di intendere l’azione che “promuove coerenza dentro di noi e intorno a noi, dona alla vita una dimensione morale”. Il bene è costituito, dunque, da intenzioni e azioni costruttive in rapporto al processo evolutivo (E. Laszlo).

La tematica delle leggi morali o della legge naturale sta, dunque, abbandonando il terreno religioso. Infatti, anche la Chiesa, nel documento denominato “Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale”, redatto dalla Commissione teologica internazionale, ammette che la legge naturale è "fondata sulla ragione comune a tutti gli esseri umani, è la base di collaborazione fra tutti gli uomini di buona volontà, al di là delle loro convinzioni religiose”.

"Il ruolo della religione" - afferma Ratzinger- "nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti – ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione – bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi (così Westminster Hall di Londra, 17 settembre 2010).

Dunque, anche secondo la religione cattolica, la conoscenza delle leggi morali non richiede, contrariamente a quanti molti ritengono, l’intermediazione delle strutture religiose o della religione.

La tematica delle leggi morali dovrebbe abbandonare, però, non solo il terreno religioso e dogmatico e ciò sta accadendo, ma anche quello accademico-autoreferenziale. Ad esempio, se sfogliamo i libri anche più recenti che trattano la questione morale constatiamo che essi impiegano terminologie poco accessibili (etica normativa, etica descrittiva, ragione pratica, etc). Il ricorso a questo linguaggio tecnico, sganciato dall'esperienza della vita verificabile, fa sì che queste riflessioni restino sterili anche se dense di significato per i soli addetti ai lavori. Questa cultura non comunica con la coscienza generale della collettività in quanto è molto attenta al pensiero dei singoli pensatori e alle varie categorie terminologiche piuttosto che alla realtà della vita sperimentabile dal singolo individuo.

Nel ricercare le leggi morali, occorrerebbe avere, a nostro avviso, un approccio analogo a quello che noi nutriamo allorchè cerchiamo di scoprire le leggi del mondo fisico. A tal fine dobbiamo vincere il pregiudizio secondo il quale il mondo psichico (ove operano le nostre facoltà psichiche) sia irreale e privo di leggi ed aprirci ad una riflessione serena ed attenta della realtà psichica.

Come constateremo in seguito le filosofie spirituali da secoli, non a caso, affermano gli stessi concetti in tema di morale ed in particolare in tema di legge di causa ed effetto.

La morale deve essere verificata dal singolo: questo è un ulterirore aspetto fondamentale dell'approccio spirituale. Infatti, si ha “un progresso morale, quando l'uomo non eleva a motivo del suo agire semplicemente il comandamento di una autorità esterna o di quella interna, ma quando si sforza di riconoscere la ragione, per cui una certa massima deve valergli come motivo. Questo progresso è quello che distingue dalla morale autoritaria l'azione fondata sul giudizio morale. L'uomo giunto a questo gradino studierà la necessità della vita morale e dalla conoscenza di questa si lascerà determinare alle sue azioni” (R. Steiner).

Nello stesso senso, si è affermato che “non si tratta di credere o di non credere, bensi di studiare, di osservare, di verificare; e per poter verificare, bisogna, comunque, accettare una disciplina (Aïvanhov).

5. La legge della Libertà o della Provvidenza.

Il quadro esposto sarebbe molto parziale se non dessimo contezza di un’altra Legge operante nella nostra vita, secondo le filosofie spirituali. La nostra coscienza, il nostro mondo interiore, a ben vedere sono sì soggetti alle leggi morali, ma non sono incatenati dalle relazioni causa - effetto. La nostra esperienza ci dice che noi siamo sempre liberi nell’oggi di decidere interiormente quali semi piantare, anche se perdurano gli effetti dei nostri pregressi comportamenti. Nell’oggi, nel presente, l’uomo può sempre progettare il suo futuro, procedere a nuova semina. In caso contrario, se non ci fosse questa libertà, l’uomo sarebbe perennemente condizionato da una prima semina e non vi sarebbe la possibilità di evolvere. D’altronde, per queste ragioni, le filosofie spirituali hanno sempre invitato l’uomo a vivere il presente.

Anche gli scienziati ci avvertono: ”la realtà della fisica quantistica ha dimostrato che il futuro non è un’estensione del presente … c’è un margine di azione nella direzione presa dal flusso degli eventi. Quel margine di variabilità consente di operare le nostre scelte, di fare uso del nostro libero arbitrio … nel nostro cervello lo spettro probabilistico si riferisce alla gamma di pensieri da cui scegliamo la nostra prossima azione. In un certo senso, questa divergenza apre un territorio di opzioni da cui noi possiamo scegliere, sia per mezzo della logica dei nostri lobi frontali, sia per mezzo delle pure emozioni dell’amigdala” (G. L. Schroeder, op. cit., pag. 213).

F. Coppola precisa a questo proposito che “l'indeterminazione quantistica permette un piccolo margine per un "libero arbitrio" della natura, che poi viene "amplificato" e "valorizzato" negli organismi biologici e quindi nell'uomo. Questo punto assume un'importanza filosofica colossale, perché solo in questa ipotesi l'uomo viene ad assumere una vera libertà nelle sue azioni. Altrimenti egli è solo un burattino in balia delle leggi meccaniche della fisica” (così op. cit., pag. 281).

Anche dal punto di vista delle neuroscienze si è sostenuto che l’uomo conserva la propria libertà, malgrado abbia un proprio dna. “Affermare che "noi siamo il nostro Dna" equivale a identificare l’intero essere umano con le informazioni genetiche che sono alla base del suo sviluppo e del suo funzionamento. Dato che il cervello viene “costruito” a partire dalle istruzioni contenute nel Dna, si dice, esso sarebbe predeterminato dalle informazioni genetiche e quindi non potrebbe essere considerato un soggetto libero. Non è così. Innanzitutto il genoma umano comprende circa ventiquattromila geni … per capire quante informazioni i geni possono contenere, bisogna come minimo paragonare il loro numero con l’organismo che essi devono codificare. Il solo encefalo umano è costituito da circa ottantasei miliardi di cellule nervose, i neuroni: è chiaro che con ventiquattromila geni è impossibile codificare le proprietà di ottantasei miliardi di neuroni: per ogni gene abbiamo tre milioni e mezzo di neuroni. Non basta. La realtà del sistema nervoso umano è ancora più complessa, perché la vera unità funzionale è il contatto, detto sinapsi, che permette la trasmissione di segnali tra una cellula nervosa e l’altra. I neuroni ricevono e trasmettono segnali da molti contatti sinaptici. Ognuno dei neuroni principali della corteccia cerebrale riceve circa diecimila sinapsi. Quindi, l’intera rete di connessioni consta di un numero enorme di sinapsi, stimato in poco meno di un milione di miliardi. Di conseguenza, i geni possono solamente specificare le linee generali che guidano lo sviluppo delle strutture nervose e delle loro connessioni ... Nello sviluppo del sistema nervoso entrano in gioco molti altri fattori, come l’interazione di ogni cellula con il microambiente in cui si trova e soprattutto come i segnali elettrici e chimici ricevuti da altre cellule. I segnali nervosi importanti per la formazione delle strutture encefaliche provengono in gran parte dall’ambiente esterno. Quindi, si può considerare che la propria storia personale, unica e irripetibile, inizi molto prima che il soggetto acquisti la coscienza di esistere. Si potrebbe affermare che il nostro stesso corpo è plasmato dall’insieme delle esperienze sensoriali che agiscono sul sistema nervoso da prima della nascita” (Prof. F.Tempia, Ma nel Dna, la mente non c’è, 2010).

Questa libertà di cambiare la propria vita interiore dimostra che la vita dell’uomo non è regolata solo dalla legge di causalità contenuta nelle leggi morali. Esiste anche una Legge Superiore, che possiamo chiamare anche della Provvidenza, in assenza della quale il percorso dell’uomo sarebbe sottomesso solo alla legge di causalità, cioè al cosiddetto destino.

In qualsiasi situazione si trovi, e quale che sia il suo passato morale, l’uomo può, sempre, nell’oggi, gettare le basi per una trasformazione radicale della propria esistenza futura. L’oggi non è, quindi, completamente condizionato dal passato. Questa grande possibilità di riscatto è una conseguenza della legge della Provvidenza che non abbandona nessuno e che permette a tutti di ritrovare la massima espressione del proprio Sé superiore. Per questa ragione si afferma che è fondamentale un cambiamento interiore, ancorché avvenga negli ultimi istanti della vita sulla terra giacché si tratta di una semina che darà i suoi benefici frutti.

Siamo abituati a ritenere riflessioni di questo genere teoriche e distanti dalla nostra vita, ma se ci riflettiamo bene, tutti abbiamo toccato, in alcuni momenti, talora difficili, direttamente gli effetti di questa legge, per la comprensione della quale non occorrono approfondimenti intellettualistici, ma la pratica sincera di pensieri, sentimenti e gesti altruistici ….

Molti hanno sperimentato di fronte a grandi dolori o perdite, questi stati di coscienza ove non vi è più ribellione o accettazione passiva, ma, al contrario, liberazione dall’ego. Afferma, a questo proposito, W. Dyer: “Se riuscite a comprendere questo campo, che chiamiamo mondo dello spirito; se riuscite a farvi ritorno e a riconoscerne l’aspetto, il suono e le emozioni che vi fa sentire; se riuscite a capire che questo campo dà origine a tutte le cose, compresa la forma della vostra vita; allora potete capire anche che in qualche modo lì dentro, in questo campo invisibile, da dove io stesso provengo, esiste qualcosa che è stato messo in moto e che ha determinato tutto quello che io sto per diventare. E tutto quello che io diventerò è stato predeterminato da me stesso nel campo di energia da cui tutto proviene … [ma] uno degli ostacoli che si oppone al ricongiungimento con la Sorgente è l’ego”.

Ciò che la religione chiama "Provvidenza", si è detto, “deriva dalla certezza radicata in certi esseri, i quali ne hanno fatto l'esperienza, che qualcosa in loro è assolutamente al sicuro e sfugge a tutte le vicissitudini” (O. M. Aïvanhov, Alle sorgenti inalterabili della gioia cit., cap. VIII).

La legge della Provvidenza è espressione dell’Amore che permea l’universo e accorda i suoi benefici non in modo irragionevole, ma a coloro che si pongono con la loro esistenza sulla stessa lunghezza d’onda. Porsi sulla stessa lunghezza d’onda non è un’affermazione dai contenuti generici, o romantici, in quanto vuole dire porre il mondo interiore in sintonia con quei valori propri del mondo che vogliamo raggiungere e conoscere: nutrire, effettivamente, pensieri e sentimenti altruistici è, pertanto, l’unica chiave di accesso per sentire questa dimensione.

La parola comprensione, nel linguaggio ordinario allude non solo alla facoltà di fare propria una nozione, ma anche alla capacità di rendersi conto, ad esempio, delle circostanze concrete e dei motivi delle azioni di una persona e, a tal fine, si afferma che per comprendere una persona occorre provare ad immedesimarsi con essa.

La comprensione soggettiva, afferma E. Morin, ”è il frutto di una comprensione da soggetto a soggetto che permette, per mimemis (proiezione – identificazione) di comprendere ciò che vive l’altro, i suoi sentimenti … le motivazioni … (E. Morin, Etica cit., pag. 107).

Per ottenere la comprensione reciproca, dovremmo essere in armonia con le vibrazioni mentali o di pensiero degli altri” (Swami Sivananda, La Potenza del Pensiero; nello stesso senso, O. M. Aïvanhov, Leggi della Morale Cosmica cit.).

Quindi, se la comprensione costituisce una specie di sintonia o accordo con un soggetto o con un essere che si vuole conoscere, se il mondo è energia vibrante con diverse lunghezze d’onda, ne discende che se vogliamo conoscere i mondi spirituali, fatti anche essi di energia, dobbiamo entrare in sintonia con i relativi valori, cioè parlare lo stesso linguaggio, vibrare sulla stessa lunghezza d’onda, cioè sintonizzarsi sulla frequenza dell’altruismo. Evidentemente, in questo caso, non occorre una perizia tecnica per conoscere la lunghezza d’onda, in quanto essa è connaturata alle qualità delle nostre energie. La chiave di accesso a questa dimensione realmente esistente è oggettiva: lo stile di vita, i comportamenti concreti, il nostro mondo interiore reale. Non si tratta, dunque, di cimentarsi su speculazioni accademiche, filosofiche o teologiche.

Anche la comprensione dei testi sacri è soggetta alla stessa legge: ”Per interpretare le parabole di Gesù, ad esempio, l'analisi dei testi non è sufficiente … Noi comprenderemo i testi sacri solo quando riusciremo a vibrare alla stessa lunghezza d'onda degli autori, altrimenti il loro linguaggio, il loro vero linguaggio, ci rimarrà estraneo. Dobbiamo sentire ciò che essi stessi hanno sentito, vivere ciò che essi stessi hanno vissuto, ossia elevarci sino al loro livello di coscienza; allora, la luce scaturirà veramente! Ma quel livello di coscienza può essere raggiunto solo se miglioriamo il nostro modo di vivere, se ci mostriamo più attenti, più rispettosi delle leggi del mondo spirituale" (O. M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani 2010, Prosveta).

Nella cultura comune, talora, la conoscenza del mondo della Provvidenza appare riservata a teologi, oppure, è rimessa a visioni genericamente fideistiche, laddove nella realtà essa dovrebbe essere valutata alla stregua di una Legge dotata di regole recanti aiuti in modo non casuale. Simone Weil, giustamente, affermava: “Vi è una necessità e vi sono leggi anche nel regno della Grazia ... se possibile c’è ancora meno arbitrarietà e casualità nelle cose spirituali, benché libere” (Simone Weil, L’ombra e la Grazia, Bompiani, 2002, pag. 169). Anche per Aïvanhov, “la grazia non va ovunque, ma solo da chi ha già preparato, costruito qualcosa e possiede un capitale. Dirà: "Quest'uomo lavora, prega, medita, costruisce il suo tempio, quindi gli darò il necessario per terminare." La grazia dunque va oltre la giustizia, tuttavia obbedisce ad una certa giustizia".

La consapevolezza del fatto che le leggi Morali e della Provvidenza sono leggi vere e proprie, potrebbe offrire una maggiore determinazione nell’imprimere alla vita la direzione desiderata.

Nelle pagine precedenti, abbiamo individuato proposizioni concrete riconducibili alle leggi fisiche, giuridiche e morali. Occorre ora esplicitare una proposizione propria della legge di Provvidenza.

Un esempio di proposizione autentica lo troviamo nei Vangeli, laddove Gesù afferma “Cercate il Regno di Dio e la sua Giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù”. In questa frase abbiamo come dato di partenza un comportamento umano (pensieri, sentimenti, condotta esteriore) teso a cercare il Regno di Dio e la sua Giustizia e dall’altro un esito: “e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù”. Dunque, è sufficiente che l’uomo si ponga sulla strada della ricerca per ottenere più di quanto possa aver richiesto.

A ben vedere, anche in questa proposizione vi è un nesso di causalità fondato, però, sull’amore e non sulla giustizia: non vi è, infatti, qui una proporzione tra fatto (semina) ed effetto (raccolto), come conferma la parola “sovrappiù”. All’uomo è prescritto il cercare il Regno di Dio, la Provvidenza interviene e aiuta l’uomo per realizzare i suoi disegni impersonali e altruistici.

“Il Regno di Dio e la sua Giustizia” è una espressione antica, impiegata in molteplici contesti e potrebbe apparire obsoleta, barocca, se non fastidiosa, perché troppo condizionata dall’immagine soggettiva che ciascun ha elaborato rispetto alle molteplice umanità che l’ha impiegata, talora con manifestazioni di fanatismo e con condotte umane opinabili o addirittura, esecrabili. Oggi abbiamo una riluttanza ad impiegare certe parole, ricorda lo scienziato G. L. Schroeder: «Ascolta la forza» è una frase accettabile sullo schermo cinematografico ma se lo sceneggiatore di Guerre Stellari avesse scritto «ascolta Dio» il cinema si sarebbe svuotato” (op. cit., pag. 10) […]

5 A titolo di riepilogo, possiamo affermare che abbiamo le seguenti leggi ai fini, beninteso, dell’argomento di nostro interesse:
1) leggi fisiche proprie della Natura che governano anche il nostro organismo fisico;
2) leggi giuridiche che governano la società;
3) leggi “Morali” che governano il nostro mondo psichico cioè la sfera dei pensieri e dei sentimenti, delle intenzioni. Queste leggi disciplinano le relazioni tra le scelte compiute nel mondo psichico e le situazioni che incontriamo nel percorso di vita in conseguenza delle prime (cfr. capp. III - IV);
4) leggi della “Provvidenza”, che sono espressione del mondo Divino, cioè del mondo dello Spirito del quale l’uomo è partecipe tramite il suo Sé superiore. Queste leggi concedono all’uomo che adotta atti di amore disinteressato, occasioni e condizioni aggiuntive per vivere le dimensioni più elevate e per perfezionarsi. Queste leggi sono superiori a quelle morali, come illustreremo in seguito (cfr. cap. IV, paragrafi 2.2.1 - 2.2.2), fermo restando che i mondi fisici, morali e divini non sono separati ed indipendenti, altrimenti, le situazioni dell’uomo sulla terra sarebbero immodificabili.

Le filosofie spirituali ci spiegano che ciascuno deve essere consapevole di possedere una forza progettuale e realizzativa disciplinata da leggi: ciascun essere umano ha, dentro di sé, le leve per attivare nella propria esistenza quei processi idonei a realizzare gli effetti voluti, vuoi sulla base delle leggi morali, vuoi sulla base della legge della Provvidenza. Queste leve sono costituite non solo dai nostri comportamenti esteriori, ma anche dai nostri pensieri e sentimenti.

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Le leggi morali.

Prima di enumerare le singole leggi di riferimento (4), evidenziamo che la molteplice articolazione delle stesse vuole essere solo la sottolineatura di diversi aspetti di una unica Legge che governa la conduzione della Vita psichica dell’essere umano. Queste leggi possono essere riguardate anche come modalità di manifestazione della Natura psichica, cioè del mondo interiore:
1) Legge della creatività;
2) Legge di causa ed effetto;
3) Legge di affinità o attrazione;
4) Legge di registrazione;
5) Legge della selezione;
6) Legge di giustizia.

L’essere umano con la sua vita interiore ed esteriore modifica sempre la realtà in cui vive (creatività). Ogni modificazione è registrata (registrazione) e comporta conseguenze nella vita propria e altrui (causalità e affinità). Per tale ragione occorre selezionare ex ante la qualità dei pensieri e dei sentimenti che immettiamo nella vita, anche tramite i nostri gesti (selezione). La responsabilità morale concerne il corretto impiego delle nostre energie: in questo ambito, la legge fondamentale da rispettare è la legge di giustizia o dell’equilibrio.
Abbiamo, quindi, leggi che illustrano:
1) come avviene il processo di manifestazione del nostro mondo psichico e le conseguenze di questo processo sul nostro percorso evolutivo;
2) il criterio generale cui deve essere improntata la condotta umana rispetto a tale processo, cioè il rispetto dell’equilibrio in relazione a tutte le risorse ricevute e donate (condotta secondo giustizia) e, implicitamente, il discernimento delle proprietà dei pensieri e sentimenti che assorbiamo ed emettiamo.

Nella vita dell’uomo si manifestano in aggiunta, ma non in deroga alle leggi morali sopra citate, le seguenti situazioni:
1) opportunità realizzative collegate alla condotta altruistica (cfr. cap. II, paragrafo 4, e infra, paragrafo 2.2.1);
2) opposizioni correlate alla legge di polarità in funzione evolutiva, in quanto a prescindere dai nostri singoli comportamenti, siamo obbligati a conoscere, comunque, le situazioni oppositive (dualità), al fine di arrivare all’Unità. L’intensità e le tipologie di queste situazioni sono, evidentemente, anche esse correlate ai vari fattori personali (cfr., infra, paragrafo 2. 2. 2).
Sia le opportunità aggiuntive che le situazioni oppositive sono gli effetti “giuridici” della Legge della Provvidenza (cfr. cap. II, paragrafo 4).

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